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Morricone, storie rilette in jazz

 
Ugo Sbisà

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Ugo Sbisà

Morricone, storie rilette in jazz

Il nuovo album del sassofonista Stefano Di Battista rende omaggio al maestro con alcune rarità

Lunedì 29 Marzo 2021, 11:39

Quando si vuole rendere omaggio a un compositore noto, non gli si può fare torto peggiore dello sceglierne i brani più popolari. Ed è proprio quello che, con grande intelligenza, ha evitato accuratamente di fare il sassofonista romano Stefano Di Battista con il suo Morricone Stories, album in uscita il prossimo 2 aprile pr la Warner, che lo vede impegnato a capo di un quartetto internazionale completato da Fred Nardin al pianforte, Daniele Sorrentino al contrabbasso e Andrè Ceccarelli alla batteria.
Figura «trasversale» nell’agone del jazz italiano, spesso impegnato anche in progetti di taglio più pop nei quali non manca mai di riversare tutta la propria grinta solistica da campione del sax contralto e soprano, Di Battista ha voluto così omaggiare la statura artistica di Morricone - al quale era anche legato da personale amicizia - celebrandone l’aspetto meno noto, ovvero non solo di grande maestro, ma anche di artigiano sempre pronto a confrontarsi con le pellicole cosiddette «minori».
Ecco allora che molte delle melodie scelte possono costituire un bel blindfold test per cinefili, a cominciare dal tema ternario e swingoso di Solange, il film di Massimo Dallamano del 1972 con Fabio Testi. Così come gustosissima è la rilettura delle atmosfere noir di Peur dur la ville, rese ancora più angoscianti dalla linea di basso del pianoforte. Per inciso, questo film del 1975 portava la firma di Henry Verneuil con Jean-Paul Belmondo per la prima volta nei panni del poliziotto.
La cosa buffa è un film di Aldo Lado interpretato nel 1972 da Ottavia Piccolo e tratto da un romanzo di Giuseppe Berto. E il suo tema ridondante ben si presta al sound del sax soprano di Di Battista. Atmosfere latine e un gustoso groove jazzistico si colgono invece in Veruschka, dal film interpretato dall’omonima modella tedesca e diretto nel 1971 da Franco Rubartelli.
Il Tema di Debora da C’era una volta in America ci riporta per un attimo al cospetto del Morricone più noto: Di Battista lo interpreta al contralto conferendogli una cantabilità ispirata e dolente, mentre un altro hit, Metti una sera a cena, diventa un fast tempo affidato allo swing bruciante di basso e batteria; il sax ne scandisce il tema creando un gustoso contrasto metrico che si stempera nel ritornello, prima che Di Battista lo faccia nuovamente impennare con la sua verve parkeriana.
Apertura della caccia, pur provenendo dal celeberrimo ‘900 di Bertolucci, non ha mai goduto di grande notorietà e proprio per questo il suo inserimento in scaletta è quantomai indovinato poiché gli rende giustizia con una versione danzante cui l’intero gruppo dà grande efficacia.


Il grande silenzio è un western di Sergio Corbucci del 1968 il cui cast annoverava, tra i nomi più noti, Jean Louis Trintignant e Klaus Kinski. E il suo tema, ascoltato qui, potrebbe tranquillamente essere scambiato per una composizione jazzistica dei nostri giorni, se non fosse che, in alcuni passaggi, si «svela» grazie a un uso della melodia nel quale è difficile non riconoscere la mano del Maestro. Flora è poi l’unico tema non cinematografico di tutto il disco: Morricone lo aveva scritto appositamente per Stefano Di Battista e, forse perché completamente libero dalla «dittatura» delle immagini, aveva realizzato un tenero quadretto melodico di grande pregio, che il Nostro sa cesellare da par suo col sax soprano, rendendolo decisamente toccante.
La donna della domenica, da Fruttero e Lucentini, era stato concepito da Morricone col classico nerbo dei suoi polizieschi migliori e nel solco già tracciato dallo storico tema di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Qui il disegno tortuoso viene affrontato con un piglio quasi monkiano, viatico di una fremente improvvisazione. Determinante il ruolo di Fred Nardin al pianoforte. Sorprende invece ascoltare una melodia dal carattere ben definito come quella di Gabriel’s oboe da Mission trasfigurarsi in una ballad notturna, affidata alla sonorità liquida del sax soprano.


La conclusione non poteva che condurci agli spaghetti western di Sergio Leone e al celeberrimo tema da Il buono, il brutto e il cattivo. E qui Di Battista è riuscito agevolmente a superare l’insidia di restare prigioniero del tema e della sua notorietà. Ecco allora che dopo echi lontani di Caravan, il brano si apre alla maggiore creatività di tutta la registrazione, facendosi a sua volta selvaggio nel lungo assolo modale del sax contralto.
Un omaggio intelligente che il Maestro avrebbe certamente apprezzato.

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