Un tempo accompagnati dalla fama di «polveriera d’Europa» – il cancelliere tedesco Ottone von Bismarck ebbe a dire che il loro equilibrio pacificato non valesse «le ossa di un solo granatiere della Pomerania» –, per l’estensione dalla Turchia alla Bulgaria, passando per Grecia, Albania ed ex Jugoslavia, i Balcani rappresentano un’area geografica estremamente ampia e al contempo ricca di suggestioni musicali il cui dna è stato accomunato anche dalla secolare dominazione ottomana. Un’influenza, quella della musica etnica balcanica, che se ha attecchito nelle comunità jazzistiche di quei paesi (si pensi al pianista bulgaro Milcho Leviev o ad album come Swinging Macedonia del trombettista slavo Dusko Goikovic), non ha mancato di sedurre col proprio fascino anche molti artisti delle aree cosiddette «frontaliere» come ad esempio la nostra Puglia.
E Roundtrip Apulia Balkans è appunto il titolo dell’album che, con il sostegno di Puglia Sounds, propone una rilettura di questa tradizione ad opera di Livio Minafra, il trentottenne pianista di Ruvo di Puglia che non ha mai nascosto il proprio interesse per la cosiddetta musica dai tempi dispari.
Ad onta di una durata forse troppo breve (poco meno di 40 minuti), il cd propone una serie di esibizioni in duo con la fisarmonicista greco-ucraina Eugenia Cherkazova, registrate sia a Ruvo, in occasione dei Festival «Wanda Landowska» e «Talos», sia a Corato al Festival «Euterpe» e, se non ha l’ambizione di presentarsi come un progetto vero e proprio, brilla per quella comunicativa che è tipica delle registrazioni live.
Otto i titoli in scaletta, tre dei quali sono delle riletture, mentre gli altri sono tutti a firma di Minafra, a cominciare dalla frenetica Danza Tartara, nella quale un accorto uso del pedale fa sì che il pianoforte si appropri delle sonorità di un cymbalon. Lacrime stelle è un brano dalla melodia incantata, fiabesca, che a tratti riecheggia quella scritta da Nino Rota per la scena della bambola meccanica nel felliniano Casanova. Zefiro torna si basa su un tema malinconico dai motivi ridondanti, mentre Boomerang ha i tratti e le fragranze di una danza epiriota. Tatar Mix è invece l’unico tema che si ammanta di sonorità elettroniche e forse, proprio per questo, finisce per apparire un po’ troppo prigioniero di se stesso.
Venendo alle riletture, l’incontro fra Puglia e Balcani è inevitabilmente favorito dalla tarantella, a cominciare da quella celeberrima tramandataci dal seicentesco gesuita tedesco Athanasius Kircher, i cui studi sulla «iatromusica» e sul tarantismo a Lecce e a Taranto sono tutt’oggi fondamentali per chiunque voglia accostarsi alla materia. Si tratta probabilmente del brano meglio riuscito dell’intera registrazione, grazie alla capacità di Minafra e della Cherkazova di passare con grande facilità dalle sonorità barocche all’improvvisazione jazzistica, senza mai perdere il filo stilistico di riferimento.
Il tradizionale Tarantella di Ruvo parte da una melodia popolare per assumere i tratti di una fascinosa danza illirica, mentre la celeberrima Tarantella napoletana dalle Soirées Musicales di Gioacchino Rossini si arricchisce di una gustosa introduzione «balcanizzata».
Un lavoro senza dubbio suggestivo che avrebbe forse meritato una versione discografica più «meditata», ma che in ogni caso si fa apprezzare per le doti dei solisti, sempre in grado di unire musicalità e curiosità intellettuale grazie a un affiatamento che consente loro di superare anche i non sempre facili equilibri fra due strumenti come il pianoforte e la fisarmonica.