Sabato 06 Settembre 2025 | 18:52

L’«amor» a Bahia tra ritmi e silenzi

 
Silvio Perrella

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Vivo una solitudine tambureggiante, che entra ed esce dal ritmo, immerge gli occhi nell’apertura smisurata dell’Atlantico, saltella tra fonemi che trascinano malinconie, rievoca i suoni di Caetano

Giovedì 16 Febbraio 2023, 03:42

A Bahia stanno preparando la festa per Santa Barbara. Molte strade sono chiuse, chi mi accompagna dice che l’unica è lasciare l’automobile e avventurarsi a piedi. È già buio, sono appena arrivato, la curiosità è famelica, tiene tutti i sensi all’erta, la paura tamburella nel petto con un ritmo tutto suo, d’ascoltare a tratti e da silenziare quanto più è possibile.
Da domani sarò assolutamente solo, chi è venuto a prendermi partirà a sua volta e stanotte sta dandomi i primi elementi d’orientamento.

Il mio albergo è a Barra de Bahia, di fronte a un’insenatura sabbiosa, non lontana da un forte militare.
Pochi chilometri dalla città vera e propria, un autobus a far sosta laggiù, dove quando lo prenderò sarò l’unico ad avere la pelle chiara.

Vivo una solitudine tambureggiante, che entra ed esce dal ritmo, immerge gli occhi nell’apertura smisurata dell’Atlantico, saltella tra fonemi che trascinano malinconie, rievoca i suoni di Caetano che abita proprio lì, con l’Oceano di fronte al terrazzo.
Capire non capire, fermarsi andare, sporgersi in nerità a forma di grotte dove si balla vestiti di bianco, prendere l’elevador che porta al Pelourinho, godere delle sue cromie acide, dei gialli degli aranciati dei violetti dei verdi, quasi fossero pastelli intinti nell’acido lisergico.

E mai accontentarsi, rischiare passi nei recessi, nei retri, infilarsi nei portoni, strusciarsi ai muri, fare del perdersi un’altalena del possibile e del potenziale.
Nell’aria fuma di tutto, bracieri per strada hanno sulle griglie gli alimenti che terranno viva la festa, di tanto in tanto l’irrompere a frastuono della macchina che fa frullato della canna di zucchero, le bottiglie di cachaça pronte a svuotarsi; e soprattutto corpi vellutati in movimento, occhi pronti all’incontro, segreti sepolti nell’idioma straniero che vola nell’aria e che è pronto a farsi musica, a tramutarsi in ritmo, a trascinarti nell’ignoto lasciandoti in mare aperto a far lallazione di te.
Anche sulla piccola baia circolare di Barra non c’è centimetro quadro che stia fermo.
All’arrivo il seggiolino dove stare sulla sabbia è già pronto; chi passa a raffreddare i piedi con l’acqua tenuta in piccoli mestoli; chi offre il suo cibo fumante e ha il braciere nomade con sé; chi è pronto a mettere la bottiglia di birra in un contenitore che la tenga gelata; e chi decapita il cocco dopo averlo tagliato alla base e fa scivolare nell’apertura una cannuccia.

M’immergo nell’acqua, faccio battesimo di me nell’Oceano, sono disorientato, torno presto alla seggiolina; m’immergo in un altro liquido fatto di suoni, di frasi che passano di bocca in bocca, di segnali, di sussurri che s’intanano nei sotterranei.
Quando arriva di nuovo il buio la festa a Bahia è già terremoto.
Sgusci tra i corpi, mangi camminando, arrivi alla scalinata del Santissimo Scaramento do Passo, sali sali.
Sotto, su un palco di fortuna, i musicisti arroventato l’aria; su ogni gradino che porta alla chiesa è seduto chiunque; salgo finché posso, il ritmo dà forza al cuore; in alto, dove c’è più spazio, i corpi si sfrenano nel ballo, quando la musica fa onda tutta la scalinata la segue come se ogni cosa ogni persona ogni suono fosse pronto a scivolare nell’ignoto o a perdersi nel mare vasto d’Atlante.

Adesso però c’è bisogno di silenzio di requie di vuoto, trovo un bar che ha un terrazzino sul vuoto e ripenso alle immagini del giorno prima: al tramonto visto dall’albergo, così rapido da sembrare un’esecuzione, una ghigliottina della luce; ripenso al lungo andare costeggiando l’oceano seduto su un autobus che d’improvviso s’infila nei meandri dell’interno e scendono e salgono studenti e persone e donne abbaglianti; ripenso ai due giovani uomini che sono rimasti sulla spiaggia da soli sulla battigia, mentre le luci artificiali si accendevano, con i loro corpi rilassati nell’acqua a pancia in giù a parlare a sentire il tempo che non è più il tempo ma una carezza d’acqua che viene che va che viene che va; ripenso all’ennesima birra bevuta al bar di Barra, con la notte già scesa come una cortina; e alla prostituta d’età indefinibile che dice: Amor, amor.

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Silvio Perrella

La Panchina

Biografia:

La meridiana, detta anche, impropriamente, orologio solare o quadrante solare, è uno strumento di misurazione del tempo basato sul rilevamento della posizione del Sole. Attraverso le parole di Silvio Perrella facciamo un viaggio nel tempo nei luoghi del cuore che profumano di Meridione e Sud.

Silvio Perrella

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