Se avesse potuto Lawrence Sterne sarebbe saltato fuori dalla pagina come un Icaro involato, ti avrebbe stretto la mano e sarebbe tornato a scrivere nel retrobottega del libro facendoti un sorriso a serpentina.
Cosa sia un sorriso a serpentina lo sa solo chi ha messo gli occhi nel Tristram Shandy, un romanzo (un romanzo?) dove può succedere di tutto.
Si può marmorizzare la pagina divenendo cecità bianca; si può incenerire l’alfabeto; si possono trovare disegni come fulmini, dei da qui a lì fumistici traballanti circensi uncinati.
«Nulla, Trim – disse zio Tobia, meditabondo.
Mentre si è liberi… - gridò il caporale, brandendo in aria il bastone con un colpo a serpentina, cosi»…
E giù, fulmine nero sulla pagina, il disegno di una serpentina, che, lo ammetto, non è un sorriso, ma bisogna accontentarsi.
Sterne insegue la vita e le opinioni del suo personaggio, quel Tristram Shandy che fa genealogia istantanea con gli altri Tristani sin qui incontrati.
Il fatto è che siamo già avanti nel libro e Tristram non è ancora nato.
L’autore si è infilato in tante e tali digressioni che si è dimenticato di farlo nascere.
Però nessuno se n’è accorto, perché tale è il divertimento che sale dalla pagina e c’investe con ventate di buonumore, che a volte si poggia il libro sulla balaustra ci si soffia il nano e giù a ridere da soli fino alle lacrime.
Sulla balaustra?
Sì, sulla balaustra, sul ramo di un ficus, sul ponteggio di un grattacielo, sull’ultimo gradino che porta alla Caverna di Platone, il Tristram Shandy lo leggi in ogni luogo anche se sei serpentesco sul letto di casa.
Accumuli pagine, passi da un capitolo all’altro e ti chiedi cosa stia raccontando questo libro, perché l’allusione al colpo preso in guerra da zio Tobia alle parti basse susciti sempre allusioni da non dire sulle sue possibilità amatorie, se e come l’ennesima digressione sbucherà da qualche parte, un vicolo di Napoli, un campiello veneziano, la piazzetta Olivella a Palermo.
Cosa accade a Tristram, cosa pensa, dove poggia i suoi piedi?
Sono domande mal poste.
Sterne fa accadere il raccontabile e l’irraccontabile, il verso e il recto di ogni cosa e lo appende sulle spalle del suo personaggio; ma quel che conta, quel che più conta, è il senso di libertà che promana da questo libro.
Siamo poco dopo la metà del Settecento, in Inghilterra, Sterne è un reverendo che tutt’al più avrà pronunciato due e tre sermoni, nessuno sa chi sia.
Pubblica la prima parte del suo libro e i lettori se ne entusiasmano; i lettori più che i critici; gli spiriti liberi più che le consorterie; gli individui in massimo grado, quelle persone che si abbeverano all’alfabeto per dare libera strada al proprio pensiero immaginativo.
E non c’è cosa che li fermi, nessuna religione, nessun pregiudizio, tutto può essere considerato da una parte e dall’altra e dall’altra ancora, perché Tristram non sta imponendoti le sue idee, ma dà forma alle sue opinioni, al suo pensare fragile mentre incombono le guerre e i misfatti degli uomini sono sempre all’opera e tutto è pronto ad impantanarsi come sempre.
Erano i primi anni Ottanta quando m’impossessai del Tristram Shandy e ci convissi il tempo necessario ad assaporarlo per bene.
Ogni giorno mi s’apriva un occhio nuovo, soprattutto scoprivo che il tempo poteva essere capovolto sommosso annichilito festeggiato ripensato daccapo subito svelato vezzeggiato.
Poteva entrare tutto questo in un solo libro?
Viktor Šklovskij aveva scritto un saggio dove il Tristram dondolava tra Pantagrule e Gargantua e Don Chischiotte (in fondo in fondo s’intravedeva la prua dell’Ulisse joyciano); spingeva a leggerli, questi universi alfabetici, come costellazione di satire saporose, dove quel che accade non è detto che accada davvero e dove una risata è pronta a seppellire ogni prosopoea.
In quegli stessi anni Ottanta usciva il Gargantua tradotto da Augusto Frassineti.
Fu subito mio anche lui e scoprii non solo la poesia assoluta della parole gelate che chiude quella fantasmagoria, ma gl’innumerevoli modi di nettarsi il deterano.
Sapete quale fosse per Rabelais il più comodo e confortevole? Quello di usare un papero.
Puro Sterne.

Nelle pagine del Tristram Shandy di Lawrence Sterne c'è l'immagine della possibilità di capovolgere il tempo
Giovedì 26 Gennaio 2023, 08:42
Biografia:
La meridiana, detta anche, impropriamente, orologio solare o quadrante solare, è uno strumento di misurazione del tempo basato sul rilevamento della posizione del Sole. Attraverso le parole di Silvio Perrella facciamo un viaggio nel tempo nei luoghi del cuore che profumano di Meridione e Sud.
Silvio Perrella
Calendario dei post