L’odore acre del concime accompagna i primi passi. Viaggi attraverso il Veneto, scendi da Asolo, pregusti Venezia e Salgareda, fai tappa ad Altivole, t’infili a San Vito, in lontananza appaiono campanili magri e appuntiti.
Nel silenzio della campagna cerchi la tomba Brion.
Sai che è stato Carlo Scarpa a darle forma. Hai letto che gliel’ha commissionata una donna rimasta sola d’improvviso a guidare un’azienda inventiva già dal nome: la Brionvega.
A Scarpa questa donna chiede di dare alloggio alle membra del marito.
Ci sarebbe il cimitero del paese, ma lei vuole qualcos’altro.
Cosa?
I desideri quando ti spingono all’avventura della ricerca non sanno ancora che forma prenderanno.
Sono fremiti visioni preveggenze.
Scarpa si mette al lavoro.
Disegna immagina fa sintesi di sé.
Mentre sfioriscono gli anni Sessanta, per quasi un decennio successivo i lavori fervono.
Nasce una meridiana di cemento e acque, un memoriale che ambisce a smemorarsi, un luogo d’utopia realizzata che va sottopelle al luogo della consuetudine.
Entro da una porticina che sembra laterale, leggermente obliqua; la campagna autunnale fa un passo indietro, rimane solo il suo odore acre; pian piano scompare anche lui, lasciando libero l’olfatto.
Entro nel mondo della segmentazione.
Il cemento è nudamente grigio; allo stesso tempo sogna se stesso come sostanza quasi aerea.
Ci sono angoli un po’ dappertutto; e hanno improvvise accensioni cromatiche.
È come se dicessero: fermati, fai attenzione ai dettagli, disegna un passo di lato, esci dal tempo ticchettante, fatti avvolgere dalle linee.
Incontro subito una cappella: ha una essenzialità paradossalmente labirintica.
L’altare sembra ruotare su stesso; gli occhi sono spinti a salire verso l’alto; una vertigine verticale cerca la luce.
Si sentono le acque che scorrono.
Sono linee anch’esse; vanno lente lungo canalette che fanno pensare all’antico giardino dei semplici salernitano.
I piccoli salti di quota sono segnati da gradini spezzati in due, come se i piedi dovessero salire toccando i tasti di un pianoforte.
Di nuovo, l’avvertimento dei materiali riguarda l’attenzione.
Sali e allo stesso tempo fermati.
Ascolta con il tatto dei piedi la consistenza eterea di un luogo che dà casa alla morte.
Le linee fuggono, lo spazio si slarga, un corridoio saluta il vecchio cimitero; porta, dopo l’apertura di due cerchi incrociati, al padiglione della meditazione.
Il prato fa posto a un laghetto ricoperto di foglie vaganti e di pesci che appaiono come sogni.
Mi siedo, guardo, e anche se sono entrato in questo luogo da pochi minuti ho già dei ricordi.
Ricordo l’arcosolio dove ho fatto sosta un attimo fa.
Le tombe dei due coniugi vicine e oblique, sospese, con un tetto fitto di cromie a far cielo imprevibile.
Penso al sarcofago degli sposi che lumeggia una delle sale più belle del museo etrusco di Villa Giulia a Roma.
Lì c’è l’abbraccio, la distensione dei corpi, lo sguardo ficcato nell’altrove.
Qui invece prevale un silenzio zen, fatto di solitudini strapiombanti nell’ombra.
Sì, il memoriale di Scarpa ad Altivole allude in ogni sua parte a un tempio zen.
Il suo Giappone è ovunque.
Lo sguardo verso la campagna veneta è insieme occluso e recintato.
I confini del memoriale sono spioventi; incorniciano la chiesa laggiù e il suo campanile; ma chiedono anche di fare memoria a sé.
L’acqua continua a scorrere nelle canalette, l’odore acre del concime si è dissolto nell’aria, me ne sto ancora seduto nel padiglione a chiaroscurare i pensieri.
Non saprei dire se si tratti di veri pensieri.
Sono immagini piuttosto, come quella che Tiepolo figlio ha impresso in una delle pareti della Villa dei Nani a Vicenza.
Vi si vedono delle figure di spalle; sono vestite a festa; di qualcuna si scorge la maschera a coprire il viso; una ha un codino nero che le scende come un serpertello lungo le spalle.
Sono tutte intente a guardare; i corpi si sporgono verso il mare che si distende sotto un cielo striato di nuvole.
Tre bandiere fanno i conti con il vento; un edificio circolare indica la presenza di una città.
Cercano con gli occhi un mondo novo; lo stesso sognato da Scarpa ad Altivole.

Siamo in Veneto: visita alla tomba Brion, progettata dall'architetto veneziano Carlo Scarpa. Fremiti e visioni
Giovedì 29 Settembre 2022, 08:46
Biografia:
La meridiana, detta anche, impropriamente, orologio solare o quadrante solare, è uno strumento di misurazione del tempo basato sul rilevamento della posizione del Sole. Attraverso le parole di Silvio Perrella facciamo un viaggio nel tempo nei luoghi del cuore che profumano di Meridione e Sud.
Silvio Perrella
Calendario dei post