Sabato 06 Settembre 2025 | 19:30

Obesità e rischio cardiovascolare: novità terapeutiche

 
Nicola Simonetti

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Nicola Simonetti

Allarme obesità in Puglia: il 37% dei bambini è obeso o in sovrappeso

Bisogna adeguare lo stile di vita

Lunedì 24 Marzo 2025, 19:39

BARI - Negli ultimi anni un crescente numero di evidenze ha dimostrato uno stretto legame tra obesità e rischio cardiovascolare. Ne è poi emerso il concetto di “sindrome cardiovascolare-renale-metabolica” definita come condizione patologica derivante da interazioni tra obesità, diabete mellito di tipo 2, malattia renale cronica e malattia cardiovascolare, tra cui scompenso cardiaco, fibrillazione atriale, malattia aterosclerotica coronarica, ictus cerebrale e malattia arteriosa periferica. Il problema è stato, di recente, affrontato nel 42° congresso di cardiologia (“Conoscere e curare il cuore”, Firenze) organizzato da Centro Lotta contro l’infarto diretto dal pro. Francesco Prati, direttore del Dipartimento Cardio Toraco Vascolare, Ospedale San Giovanni Addolorata e professore ’Università UniCamillus - Saint Camillus International University of Health Sciences di Roma. Stadio iniziale della malattia in progress è la presenza di tessuto adiposo o “adiposità” in eccesso oppure disfunzionale (per ridotta tolleranza al glucosio o stato di prediabete).

Tale adiposità conduce progressivamente alla insorgenza di fattori di rischio metabolici quali dislipidemia, ipertensione arteriosa, diabete, malattia renale cronica (i reni smettono di funzionare regolarmente non riuscendo a mantenere uno stato di buona salute). Un processo che di solito si può svolgere in mesi od anni.. La malattia cardiovascolare è la principale causa di morte nel mondo, responsabile di 17,9 milioni di morti l'anno. Essa comprende l'ictus e varie condizioni che colpiscono il cuore e i vasi per poi portare alla malattia cardiovascolare subclinica o alla presenza di equivalenti di rischio (stadio 3), fino ad arrivare alla malattia cardiovascolare clinicamente conclamata (stadio 4). L'adiposità in eccesso o disfunzionale rappresenta dunque il fattore fisiopatologico chiave che vede, negli eventi cardiovascolari e nella mortalità il suo risultato clinico più significativo. Essa deve pertanto essere trattata per prevenire la progressione verso stadi più avanzati e potenzialmente favorirne la regressione. Il trattamento farmacologico della obesità viene raccomandato. Ad oggi risultano approvati sei farmaci per la gestione a lungo termine della obesità non sindromica. Essi portano a un calo ponderale e ad un miglioramento dei parametri metabolici con potenza ed effetto variabili e, tra queste, semaglutide e tirzepatide (nomi non commrciali) hanno dimostrato la maggiore efficacia.

La semaglutide rappresenta il più efficace nella riduzione del peso corporeo, nonché l'unica molecola ad avere ad oggi dimostrato riduzione significativa del rischio cardiovascolare in pazienti affetti da obesità, non diabetici e con malattia cardiovascolare preesistente. I risultati dello studio SELECT – conclude il prof. Prati - rappresentano punto di svolta nella pratica clinica e per condizionare una ricaduta notevole in termini di riduzione della morbidità e mortalità cardiovascolare nell’ambito della prevenzione secondaria. Inoltre, insieme a tirzepatide, essotrova potenzialità anche in altre condizioni di ridurre il rischio di scompenso cardiaco “in peggioramento” con pochi trattamentin efficaci. Nel rimaniamo in attesa di vedere come le agenzie regolatorie del farmaco e le linee guida internazionali recepiranno le evidenze di semaglutide e tirzepatide nel setting specifico della obesità e del rischio cardiovascolare. Non è da sottovalutare l’importanza di adottare stile di vita adeguato e controllato: dieta equilibrata e sana (raccomandata la Mediterranea autentica), gestire i livelli di colesterolo, muoversi con regolarità (30 minuti al giorno di attività fisica), evitare il fumo, alcol con moderazione, mantenere un peso corporeo ottimale.

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