In Italia questo tumore registra aumento dei nuovi casi, specie nelle donne over 70, in parte dovuto all'aumento del fumo, e nei giovani.
Lamentati circa 13.585/anno (6.873 n uomini e 6.712 donne). Nel 2022, 14.900 morti (7.000 uomini e 7.900 donne). La
sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è dell'11% per uomini e 12% per donne. Oltre al fumo, fattori di rischio sono: obesità,
alcol e carne rossa, sedentarietà diabete, familiarità sono considerati fattori di rischio importanti.
“È importante ricordare – dice il dr Vincenzo Mazzaferro, coordinatore di Pancreas Unit dell’istituto tumori di Milano INT – che ogni procedura eseguita su pazienti con questo tumore è a rischio la cui riduzione dipende da caratteristiche di pazienti e del tumore. La Regione Lombardia si è fatta capofila nel creare un numero limitato di Pancreas Unit sul territorio, dove le varie
terapie oggi disponibili di tipo farmacologico, interventistico, chirurgico, endoscopico, radioterapico e di supporto possano esser erogate al meglio, in ambiti dove siano garantiti sufficienti volumi di lavoro e adeguata esperienza degli operatori e l’Unit di INT
affianca anche linee di ricerca innovative che molto puntano sull’affinamento delle capacità di prevedere l’evoluzione dei vari stadi in cui il tumore si presenta e modificandole con terapie convenzionali o sperimentali”.
Intelligenza artificiale e genetica: “Per anni la chemioterapia è stata l’unica opzione terapeutica, ma oggi – dice il dr Filippo Pietrantonio, direttore Oncologia Gastrointestinale INT - la ricerca sta aprendo nuove strade: l’intelligenza artificiale e la genetica ci stanno consentendo di sviluppare farmaci mirati contro mutazioni specifiche del gene RAS, responsabile di oltre
il 90% dei casi. I risultati preliminari delle sperimentazioni in corso sono incoraggianti, ma è importanti prudenza e rigore scientifico: solo i dati delle prossime fasi cliniche ci diranno se siamo davvero di fronte a un cambio di paradigma”.
“I pazienti operabili sono quelli a miglior prognosi, ma non è quasi mai la sola chirurgia di asportazione del tumore, spesso
complessa, a permettere la guarigione. In una ricerca recente – dice Vincenzo Mazzaferro, direttore di Chirurgia Oncologica 1 – stiamo osservando come la riprogrammazione dell’immunità locale influenzi positivamente il controllo di questa neoplasia e come lo sviluppo di modelli di laboratorio direttamente allestiti con le cellule di malattia rimosse da altri pazienti possano permettere la creazione di aggregati tumorali coltivati in laboratorio su cui verificare l’efficacia di terapie potenzialmente applicabili poi nei malati.
Condizioni di questo tipo aprono a un lavoro medico totalmente nuovo, con capacità previsionali impensabili nel passato, che crediamo possano produrre presto i primi risultati tangibili sui pazienti… La speranza nasce dal lavoro di squadra. Solo grazie alla integrazione tra ricerca e assistenza possiamo trasformare una malattia oggi difficile da curare in una sfida progressivamente più affrontabile”.

















