C’è chi sostiene che mangiarle porti anche fortuna. Verità o leggenda che sia, poco importa. Le “pettole” pugliesi sono tradizione ed essenza stessa di questa regione, sublimazione della tavola locale e del concetto della condivisione familiare propria di un Mezzogiorno caldo e accogliente. Protagoniste assolute di un rito che unisce la gastronomia alla cultura popolare, le “pettole” (“pittule” o “popizze”, a seconda della provincia) sono frittelle, salate o dolci, preparate con un impasto a base di farina, acqua, lievito e sale, fritte in abbondante olio caldo. La tradizione vuole che vengano preparate il giorno dell’Immacolata e servite durante tutto il periodo natalizio. Simbolo pugliese del cenone della vigilia e del pranzo di Natale, le piccole frittelle, croccanti all’esterno e col cuore di morbida pasta, hanno radici antiche, legate soprattutto alla cultura popolare. Diffuse in Puglia e in altre regioni del Sud, le palline di pasta lievitata hanno però una storia tutta speciale a Taranto, dove vengono preparate già il 22 novembre, nel giorno di Santa Cecilia; basti pensare che fin dall’Ottocento, proprio in questa giornata, il capoluogo ionico diventava la prima sosta per gli zampognari. Come in una magia, ogni anno, le strade del capoluogo ionico si animano fin dall’alba e, mentre la marcia musicale risuona, il profumo delle “pettole” appena fritte dai tarantini pervade le strade di tutta la città. Novembre, in Puglia, è anche sinonimo di vino “Novello”. Il giovane e fresco vino viene bevuto a San Martino e poi nelle settimane successive. Nonostante i quantitativi prodotti siano di molto inferiori rispetto al passato, come confermato anche da Coldiretti, il fascino del Novello resta intramontabile, soprattutto quando abbinato a caldarroste e “pettole”. Il modo più romantico e tradizionale, insomma, per festeggiare la fine della stagione dei raccolti e aprire le porte al Natale in arrivo.

La tradizione enogastronomica pugliese si rinnova ogni anno
Martedì 19 Novembre 2024, 09:22