L’impareggiabile fascinazione della serietà. Rimane fedele a sé stesso Antonio Guida, lo chef stellato che da Depressa, minuscola frazione di Tricase, raggiunge l’acme del successo senza mai tradurlo in patetica boria. I suoi piatti, armonici ed essenziali - con passaggi decisi di linee e colore -, riflettono bene il sul suo modo di essere, come a dire che l’arte è arte, si regge da sola, non ha bisogno di un atteggiamento. Così, al talento si aggiungono umanità e gentilezza che donano un tocco romantico alle sue due stelle Michelin. Qui si spiega il perché.
Attualmente executive chef del Seta al Mandarin Oriental Milan, Antonio Guida nasce cinquant’anni fa, in un microcosmo di semplicità ed educazione dove mamma Michelina, ogni domenica, bandisce tavolate per dodici, quindici persone e prepara sagne ‘ncannulate per tutti. È da lei che tutto ha inizio. Antonio osserva l’ipnotico movimento delle sue mani che si muovono, impastano, si sporcano di farina e pensa che è forse quello il modo per azzerare i pensieri, le inquietudini, quando qualcosa vacilla: spellare l’aglio, raccogliere il basilico, montare due uova, tagliuzzare il prezzemolo. Ma di una cosa è certo: cucinare per gli altri è un atto d’amore che rende solide le parole. Da qui, la decisione di frequentare l’Istituto Alberghiero di Santa Cesarea Terme. All’inizio vuole fare il pasticciere: “Mio padre - ricorda Antonio- macinava chilometri per accompagnarmi ogni giorno a Galatina da Rafelino Bello, il decano della pasticceria salentina”. Rafelino che gli ripete sempre che deve viaggiare, confrontarsi con gli altri e imparare le lingue. Antonio lo ascolta e ottiene il suo primo contratto su una nave per Vancouver. “Una decisione folle, considerando che soffro il mal di mare”. Ma ha così fame di imparare che ignora l’Ostacolo. A 18 anni si trasferisce a Zurigo per lavorare al Savoy, dove mette in pratica tutto ciò che ha imparato a scuola e si concentra sulla cucina classica. Dopo due anni, si trasferisce a Parigi, a Place de Vosges, dove conosce il tristellato Pierre Gagnaire: l’Incontro. Con lui, rompe gli schemi e osa abbinamenti inusuali. “ Gli sono grato. Due mesi fa è venuto a mangiare qui da me e si è commosso”. Dopo Parigi, Guida torna in Italia. Lavora presso l’ Enoteca Pinchiorri di Firenze e al Don Alfonso di Sant’Agata sui Due Golfi, dove continua a fare esperienza di grande valore formativo, con prodotti di alta eccellenza. Si sposta all’Eden di Roma. In questo periodo prepara alcune cene private nel ristorante San Gallo. Arriva l’Occasione. “Durante una di queste, conosco Cinzia Fanciullo, che mi chiede un colloquio per il Pellicano. Accetto e quando arrivo a Porto Ercole, penso subito che voglio restarci”. Ora è pronto per l’Ascesa. “Nel 2007, insieme alla mia squadra, prendiamo la prima stella Michelin, nel 2010 la seconda”. Nel frattempo sposa Luciana. Nel 2012, si trasferisce a Milano, per guidare il ristorante Seta all’interno del Mandarin Oriental. Nasce la sua amata Viola.
“Mia figlia è disabile. Quando lo abbiamo saputo, in famiglia è scoppiata una bomba. Nonostante questo, siamo riusciti a trasformare l’amarezza in amore”. Almeno una volta al mese, Guida organizza a casa sua - insieme alla moglie - pranzi di beneficenza per sostenere l’attività della onlus “L’abilità”, mettendo a disposizione ciò che meglio gli riesce: cucinare. Un atto di profonda dolcezza al servizio del mondo della disabilità che conferma il suo animo signorile. A Milano ha trovato la sua dimensione, “è una città piena di energia e di cose belle da fare”, ma quando ne ha bisogno, prende il telefono e cerca una foto del suo mare, per trovare un sorriso nella bellezza. “Forse un giorno tornerò a vivere nel Salento. Per ora trascorro a Depressa tutto il mese di agosto, riassaporando la cucina di mia madre che ogni giorno, ovunque io mi trovi, continua a chiedermi cosa ho mangiato. Non solo. È molto curiosa e vuole conoscere bene tutti i passaggi dei miei piatti”. È grazie a lei che Guida ce l’ha fatta. “Grazie anche a papà Donato, alla cultura responsabile della nostra terra e alla forza di volontà”. Un ingrediente necessario, quest’ultimo, come il limone che usa spesso “ perché dà un tocco di acidità e perché il giallo è il mio colore preferito”. Piatto iconico del Seta? “Non ho dubbi: il risotto ricoperto da polvere di lampone con crema di riso alle erbe. Per un momento ho pensato di toglierlo dalla carta per cambiare, ma i clienti si sono tutti ribellati”. Mentre ciò che meglio sintetizza la sua storia professionale è l’anguilla con fegato grasso, rosmarino e limone. “L’anguilla, cotta con tecnica giapponese che ho appreso a Tokyo; il foie gras che richiama il mio grande Maestro Gagnaire ; il rosmarino e il limone che ricordano la mia terra e l’altro mio indimenticabile mentore, Rafelino Bello”.
Materializzare un’idea che più ci rappresenta, dunque. Inventare, aggiungere, togliere, studiare le dosi mutuate da tradizioni, viaggi, fare attenzione, restare in guardia, meglio in equilibrio, sorvegliare, ridurre al minimo il margine di errore. In cucina , come in ogni tipo di arte, alla fine riescono a fare questo i grandi Maestri: avere il controllo sulle cose, quando lì fuori tutto può accadere.