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Ex Ilva di Taranto, giorni di angoscia. L’aumento di capitale un’utopia

 
Giacomo Rizzo

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Giacomo Rizzo

Ex Ilva di Taranto, giorni di angoscia. L’aumento di capitale un’utopia

Decisione entro l’8 gennaio. Servono 320 milioni di euro ma al momento l’accordo sembra impossibile

Domenica 31 Dicembre 2023, 12:59

TARANTO - Le lancette scorrono e sale la tensione. Il governo ha fissato per l’8 gennaio il termine perentorio entro il quale ArcelorMittal dovrà chiarire se intende partecipare pro quota al fabbisogno finanziario, accettare una soluzione consensuale (consentendo che lo Stato assuma il controllo, rinunciando però a contenziosi legali) o andare allo scontro. È previsto per quella data il vertice tra i Ministri, la multinazionale e il partner pubblico Invitalia. Il governo, all’esito del confronto, che sarà dirimente, potrà assumere le determinazioni conseguenti e spiegare l’indomani ai sindacati cosa intende fare. Il 10 gennaio scade peraltro la deroga concessa dal Tar della Lombardia per la fornitura di gas agli impianti del Siderurgico e bisognerà trovare le risorse per evitare il distacco. Tutto in pochi giorni. Sembra che le parti siano ingabbiate in un labirinto senza riuscire a trovare la via d’uscita. Al momento non ci sono i minimi presupposti per un accordo sull’aumento di capitale di 320 milioni e l’acquisto degli asset aziendali. Da parte sua il governo ha confermato «il massimo impegno per garantire la continuità produttiva dell’ex Ilva, vagliando le ipotesi in campo atte a evitare il ricorso all’amministrazione straordinaria». Proprio la prospettiva di un nuovo commissariamento è quella più temuta dai sindacati, per i quali «percorrere questa strada per fare fuori dalla partita Mittal rischierebbe di innescare una soluzione disastrosa per i lavoratori».

Il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, che già nel gennaio scorso prospettò la possibilità di un anticipo del passaggio in maggioranza di Invitalia nella compagine societaria, ha assicurato che l’intenzione dell’Esecutivo «è quella di mantenere la produzione siderurgica a Taranto, anzi rilanciarla in una fase di riconversione green». Ha poi aggiunto che «il piano industriale prevede un supporto finanziario da parte dei soci per almeno un miliardo e 300 milioni per esigenze legate alla produzione e anche per acquisizione degli impianti. Se il socio di maggioranza – ha chiarito - non risponderà a questa richiesta il governo ne prenderà atto e prenderà i suoi provvedimenti».

Una nota di Palazzo Chigi ha poi puntualizzato che all’azionista di maggioranza ArcelorMittal (che detiene il 62% delle quote) verranno chieste «precise garanzie su investimenti, livelli di produzione, sicurezza dei lavoratori, salvaguardia degli impianti e tutela ambientale».

La riunione del 28 dicembre per le sigle metalmeccaniche «peggio di così non poteva andare». In questi giorni si valuteranno eventuali forme di mobilitazione a ridosso dell’incontro dell’8 gennaio, atteso come il giorno del giudizio. E crescono le preoccupazioni, anche perché, hanno spiegato le organizzazioni sindacali, «dal primo di gennaio partirà una cassa integrazione non sottoscritta dalle organizzazioni sindacali, senza piano industriale», ci sono poi «incertezze per la retribuzione per migliaia di lavoratori dell’appalto, usati come scudo per minacciare l’ipotesi di amministrazione straordinaria», «manca il completamento dell’ambientalizzazione», «ci sono problemi di sicurezza a causa dell’assenza di manutenzione e continue provocazioni e umiliazioni nei confronti dei lavoratori».

Intanto, una delegazione dell’Usb ha ottenuto la convocazione dalla Cei dopo l’appello lanciato, nei giorni scorsi, durante l’occupazione temporanea e simbolica della chiesetta inferiore della Concattedrale di Taranto («la Chiesa risponde presente alla disperata richiesta di aiuto dei lavoratori»), mentre gli autotrasportatori di Casartigiani Taranto affermano che «lo stato di agitazione degli imprenditori dell’indotto è ormai incontrollabile, è come una bomba a orologeria pronta a esplodere senza preavviso». L’associazione auspica «che tra qualche giorno gli autotrasportatori possano ricevere i compensi spettanti da Acciaierie d’Italia, diversamente - avverte il coordinatore regionale Stefano Castronuovo - verranno assunte nuove iniziative autonome di protesta mosse dall’esasperazione che ormai è giunta al limite».

Per il segretario generale della Uilm di Taranto, Davide Sperti, «Taranto si sta spegnendo attorno all’ex Ilva, non esiste alcuna alternativa. La chiusura della fabbrica causerebbe un vero e proprio disastro ambientale e sociale».

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