TARANTO - «Significativi incrementi delle concentrazioni degli inquinanti gassosi, in particolare biossido di zolfo e benzene». È quanto emerge da una relazione di Arpa Puglia inviata nelle scorse ore al Comune di Taranto, all’Asl ionica e soprattutto all’Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, autorità di controllo per l’ex Ilva.
Nel documento è contenuta la sintesi degli eventi accaduti tra il 22 e il 24 marzo durante i quali le centraline di controllo dell’aria hanno registrato valori molto elevati di sostanze dannose per la salute dei cittadini. Sforamenti momentanei che arrivano a pochi giorni dalle operazioni di ripartenza dell’Afo4, impianto fermo per mesi a causa del rifacimento del crogiolo interno e che oggi è cruciale per l’aumento della produzione auspicata dal premier Mario Draghi che nei giorni scorsi ha annunciato nuove iniziative di sostegno ad Acciaierie d’Italia, la joint venture composta da ArcelorMittal e dallo Stato attraverso Invitalia. La società guidata da Franco Bernabè, ha infatti comunicato ad Arpa che le operazioni sono cominciate il 21 marzo specificando che «nel periodo di transitorio di riavviamento del suddetto Altoforno si sarebbero potute verificare emissioni transitorie». E dai documenti, infatti, emerge che in realtà, proprio nei giorni successivi alla ripartenza dell’altoforno, il valore di alcuni inquinanti è particolarmente elevato. Il 22 marzo scorso, infatti, intorno alle ore 19 la centralina di via Machiavelli al quartiere Tamburi, il rione a pochi metri dalla fabbrica, ha registrato un valore di concentrazione media oraria di biossido di zolfo pari a 910 microgrammi al metro cubo: un valore ben più elevato del limite orario, ma inferiore alla soglia di allarme di 500 microgrammi per 3 ore consecutive. Nelle due ore successive, quindi, il valore di emissione di biossido di zolfo si è ridotto al punto da portare la media delle tre ore al di sotto della soglia d’allarme.
Nella stessa relazione, l’agenzia pugliese, ha svelato anche che il 23 marzo «si è osservato un aumento delle concentrazioni di benzene», quest’ultimo particolarmente pericoloso poiché classificato come cancerogeno di «classe 1», cioè una sostanza per la quale è scientificamente provata la correlazione tra esposizione e sviluppo di tumori nella popolazione. Nel documento si legge di «incrementi evidenti» e anche se «il valore medio giornaliero non ha superato i 5 microgrammi per metro cubo», quel 23 marzo era un «wind day», una giornata in cui i venti soffiavano dalla fabbrica verso la città. Lo spostamento di aria, quindi, ha portato verso la città le emissioni sprigionate dalla fabbrica. Al di là dei valori medi, quindi, quelle registrazioni elevate, per Arpa, sono la spia che qualcosa necessita un approfondimento. Del resto, una situazione molto simile si era verificata a febbraio 2020 e aveva spinto l’allora sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, a firmare un’ordinanza per lo spegnimento degli impianti dell’area a caldo. Un’ordinanza confermata dal Tar di Lecce e poi annullata dal Consiglio di stato. Al momento, però, la città è amministrata da un commissario che sul conflitto ambientale tra Stato e Comune sull’ex Ilva, ha le idee chiare: «Pensare che un’amministrazione locale debba entrare in conflitto con lo Stato significa non conoscere le regole della democrazia» disse in occasione del suo insediamento. La produzione dell’ex Ilva, insomma, sembra destinata ad aumentare. Anche le emissioni potrebbero crescere, nonostante una Valutazione del danno sanitario abbia chiarito che con 6 milioni di tonnellate all’anno, pur applicando tutte le prescrizioni previste dall’Aia, il rischio per la popolazione sarebbe inaccettabile. Il numero dei cassintegrati, secondo quanto ha comunicato l’azienda, sembra invece destinato a rimanere invariato.
«Il 22 marzo scorso si è registrato un picco di SO2 (biossido di zolfo o anidride solforosa) nel quartiere Tamburi di Taranto. Il valore è giunto fino a 910 microgrammi a metro cubo. Il vento in quella giornata soffiava da nord-ovest ed era quindi un tipico giorno in cui si poteva parlare di Wind Day. Chiediamo che ne vengano accertate le cause». Lo sottolineano Massimo Castellana e Alessandro Marescotti del Comitato Cittadino per la Salute e l’Ambiente a Taranto, aggiungendo che «quello registrato è il picco più elevato da quando è entrata in funzione la centralina Arpa di via Machiavelli nel quartiere Tamburi di Taranto, ossia dal 2007 a oggi». Il riferimento è a un documento che l’agenzia regionale di protezione ambientale ha inviato all’Ispra, al ministero della Transizione ecologica, a Regione Puglia, Prefettura, Comune e Asl di Taranto in cui si segnalano nelle giornate dal 22 al 24 marzo scorsi «significativi incrementi delle concentrazioni degli inquinanti gassosi, in particolare biossido di zolfo e benzene».