Giacomo Abbruzzese, classe 1983, la sua ricerca interiore tra realismo e misticismo continua: chi sono “I Santi” parafrasando il titolo del suo ultimo lavoro cinematografico?
«I Santi sono i due protagonisti del film, fratello e sorella: Claudio - un tossico - e Maria, una ladruncola con un passato da prostituta. Sono spesso gli ultimi ad avere accesso all’invisibile, al divino».
Lei è nato a Taranto ma, spinto dal suo amore per il cinema, è emigrato in Francia dove si è formato all’istituto di istruzione artistica superiore Fresnoy, “creatura” del Ministère de la culture. Il tema del “pellegrinaggio” ha sinora accomunato diversi suoi lavori selezionati e premiati in festival internazionali (Cannes, Oberhausen, Viennale, Clermont-Ferrand, Torino) come il bellissimo “America” e il conflittuale “Archipel”: pensa che chi, come lei, armato di talento artistico, sia costretto a lasciare la sua terra controversa del sud Italia per cercare la sua realizzazione?
«Credo ci siano sempre molteplici modi per riuscire a fare le cose. Personalmente, magari ereditando un po’ dal mio nonno che racconto in America, ho cercato un percorso più nomadico. Poi sicuramente in Francia ci sono le condizioni che ti permettono di poter vivere di arte. Questo accade perché ci sono delle politiche conseguenti al valore di "eccezione culturale". Cioè la cultura, oltre le Alpi, non è trattata come intrattenimento ma ha uno statuto a parte, e viene riconosciuta dallo Stato come strumento di sviluppo sociale. In Italia spesso l’attività artistica è vista come un passatempo o appannaggio solo delle classi abbienti. Se fossi rimasto in Italia, sicuramente avrei dovuto fare anche altro».
Dieci anni dopo l’uscita del suo corto deflagrante “Fireworks” sulla questione-Ilva di Taranto, quali sono i suoi sentimenti di fronte all’irrisolta questione ambientale?
«Terribile. Di impotenza rispetto agli interessi macroeconomici. Taranto è una città sulla quale lo Stato ha ancora una visione novecentesca dello sviluppo. Viene trattata come una colonia. Saleh Bakri - volto noto in Medio Oriente anche come attivista Ndr - l’attore palestinese protagonista di Fireworks, quando vide Taranto mi disse: “ora capisco perché hai chiamato me, è come da noi. Vi hanno preso tutto”. Taranto può essere tanto altro, ma da soli, senza supporto politico a livello nazionale, è difficile. Però ci sono tante piccole realtà che sono fiorite negli ultimi anni, e sento in generale un clima migliore, una maggiore consapevolezza rispetto a quando sono partito vent’anni fa. Sta a tutti noi riprendere in mano il destino della nostra città, e non aspettare che qualcuno venga a salvarci».
Oltre i lavori “corti” e “documentaristici” si attende l’uscita del suo lungometraggio “Disco Boy” (di produzione francese) dalla trama caleidoscopica che fa incrociare i destini di due uomini alla ricerca di riscatto e giustizia. Quando avremo la possibilità di vedere questo lavoro di un regista, come lei, che una certa critica ha paragonato al minimalismo religioso di Bresson?
«Disco Boy è il mio primo lungometraggio, ci ho messo sette anni per scriverlo e trovare tutti i finanziamenti. È un opera prima che richiedeva un budget importante per il cinema d’autore, quindi è stato complicato. È una coproduzione tra Francia, Italia, Polonia e Belgio. È stato pre-acquistato da Canal Plus, mentre in Italia la Rai non ne ha voluto sapere. Si girerà a settembre tra Parigi, Polonia e Africa. Il protagonista è lo Shooting Stars Award al Festival di Berlino Franz Rogowski».
Cosa è nato dalla relazione filmica tra Abbruzzese regista e la co-protagonista della serie tv "L’Amica geniale" Gaia Girace? Ovvero com’è stato lavorare con un talento del cinema ancora da valorizzare appieno vista la giovane età?
«Gaia è straordinaria, davvero impressionante per la sua età. Mi fa pensare alle grandi attrici del cinema italiano degli anni ‘60 come Loren e Cardinale. Avrà secondo me una carriera internazionale di alto livello. Anche Claudio Segaluscio - già protagonista in Sole di Carlo Sironi, miglior opera prima agli European Film Award - è un attore dal potenziale incredibile. Aveva un ruolo difficilissimo, interpretare un tossico può scivolare nel ridicolo, ma lui ha fatto una performance fisica, intensa. Recita davvero con tutto il corpo, come amo».
Quali sono i tempi di uscita de "I Santi"?
«Finirò la post produzione il mese prossimo, poi tenteremo i festival di Cannes, Locarno e Venezia. È un piccolo film di 30minuti, non è una durata semplice da un punto di vista distributivo, ma era la durata giusta per raccontare questa storia».