LECCE - «Comunque andare anche solo per capire… o per non capirci niente». Ma lei, Benedetta Rossi, non solo tanti anni fa ha capito se stessa. Ha anche intrapreso la strada con curve a gomito, che dal tacco d’Italia, da Leuca, l’avrebbe portata in giro per il mondo. A/R, andare e ri-tornare, con la fierezza di chi ce l’ha fatta da sola.
Ma a far che? A diventare imprenditrice di un sogno, una sorta di self made woman che ha intrecciato i fili di una trama tutta al femminile.
«Frequentavo l’Istituto d’arte, volevo fare altro nella vita – esordisce ancora incredula -, poi ho studiato Giurisprudenza e per la laurea ho chiesto in regalo una taglia e cuci e una macchina da cucire». Ed ecco che tutto si trasforma, ribalta, prende una piega inconsueta. Quella di stoffe fruscianti, ricami di mani operose, radici da raccontare attraverso l’artigianato.
No, non c’erano avvisaglie di quella rivoluzione agganciata direttamente ai sogni covati prima custoditi poi da Benedetta, artista amante del diritto che decise di tentare l’avventura irta di ostacoli, della moda sostenibile.
Da lì un volo verso Londra, nella fucina di un’eclettica couturier come Vivienne Westwood, mica cosucce così. Ma c’era il cuore, dietro l’angolo. Altra variabile indipendente a scompaginare ancora le cose.
Un nuovo viaggio, una vacanza e un amore che porterà due splendide bimbe, a questa storia dalla forte componente femminile.
«Ero incinta di Charlotte e Luna, le mie bimbe – ricorda l’imprenditrice-, mi chiamarono da Parigi per propormi di portare le mie creazioni in passerella. Io fino ad allora mi ero dilettata a produrre abiti da donna estivi, con tessuti che ricordassero la mia terra come il lino e inserti che avessero lo stesso linguaggio e riportassero alle mani delle nostre ricamatrici. Ma pensare a un’intera collezione da realizzare in poche settimane era sfida da folli».
Le donne… ancora. L’aiuto di mamma Gianna, la spinta della vita lì in quel pancione, il senso della sfida… «Ho puntato sul made in Italy, mi chiamarono a luglio 2015, andai a Parigi a settembre con un’amica…».
Oggi Benedetta vende abiti made in Salento e che di questa terra parlano fin nelle trame più fitte in 130 negozi sparsi in tutto il mondo, Stati Uniti compresi. Il marchio, quello, lo ha pensato e registrato subito, otto anni fa.
«Ninaleuca in memoria della terra da cui vengo e del nomignolo, Nina, che mi aveva dato mamma sin da piccola».
Visione, sfida, vocazione… di certo questa storia parla di donne e se è quella la matrice di tutto, la protagonista da lì è partita per inanellare obiettivi su obiettivi.
Così il piccolo laboratorio a sud del sud si è trasferito a Lecce, nel cuore storico di piazzetta Duca d’Atene mutando in showroom. All’interno una crew di cinque collaboratrici che insieme condividono lavoro, fatica, desideri e pranzo, altre due sarte all’esterno e il cuore lì, oltre l’ostacolo, che continua a pulsare.
Oggi Ninaleuca è anche tovaglie, complementi d’arredo, resort wear, con vendita in loco e on line. E poi resta il viaggio, che in partenza ha smosso tutto.
«Mi muovo per vedere cosa accade intorno a me e torno a casa – spiega Rossi -, porto il Salento nel mondo, tutto parla di me e della mia terra, non seguo le mode ma racconto, produco e vendo la mia, di moda».
Una scelta anarchica quasi, il cui coraggio è stato premiato da riscontri importanti. Uno per tutti o meglio l’ultimo in ordine di tempo?
«Un pop-up a maggio a La Rinascente». Nel cuore commerciale d’elite di Milano, un pezzo di Salento ribelle e orgoglioso.
Cinque casette, acquistate a Ceglie Messapica, Andrano e Gagliano del Capo, diventeranno retreat per vacanze stile Ninaleuca per chi vorrà assaporare il lusso del Salento lifestyle.