«La nostra migrazione in Campania, sebbene sia costata il cambio di denominazione, dalla Sfinge, simbolo della nostra città, a Real, ci permetterà di vivere come squadra di calcio la sua giusta dimensione, confrontandoci con realtà sobrie e abbattendo i costi della trasferte rispetto al precedente campionato». Fabio Romano è l’allenatore in campo del Celle di San Vito, la squadra di calcio dell’ultimo comune pugliese per abitanti, che sono attualmente 147.
Dopo essere riuscito a concludere la sua prima stagione l’1 maggio scorso, tre anni dopo la ricostruzione del club della comunità subappeninica dalle radici angioine, chiudendo la Terza categoria all’ultimo posto «indolore» (dal fondo non esistono retrocessioni), il Celle lascia il girone foggiano per sbarcare nel gruppo B beneventano. L’inserimento dei pugliesi fuori regione, rende questo torneo a 11 partecipanti, imponendo il turno di riposo, che il club giallo-verde ha effettuato in apertura di annata. «Domenica 6 novembre, alle 14.30, in anticipo, debutteremo nell’avellinese Montecalvo Irpino, in casa di una delle squadre più attrezzate del raggruppamento, Comprensorio Miscano, che in avvio è stata messa ko dal Castelfranco. Un possibile segno dell’equilibrio a venire di questo campionato che non vediamo l’ora di cominciare» dice il mister-fantasista del neonato Real Celle, il cui travalicamento dei confini dauni, «è stato caratterizzato da ostacoli burocratici e dispendio economico che ci sono stati imposti dalla Figc pugliese. Ma alla fine ce l’abbiamo fatta».
Oltre alle ragioni logistiche che la vedranno risparmiare con le trasferte campane 460 km totali e 39 km a domenica rispetto alla «profonda» Terza foggiana, a spingere il Celle a decidere di lasciare la geografia di appartenenza, «è stata quella denigrazione subita da più piazze cugine dove siamo stati accolti col pregiudizio di essere la squadra del più piccolo paese di Puglia» confessa Romano, invitato dalla Federcalcio pugliese a ridisegnare il direttivo del club in ossequio al regolamento sulla voce «trasferimento in altro girone». Al posto del padre Michele fondatore della Sfinge nel 2019, «sulla presidenza c’è mia moglie Consiglia Agrillo e il vicepresidente è Massimiliano Ciullo, tornato a sostenere il progetto gialloverde dopo aver fondato nel 2002 la prima squadra di calcio cittadina». Romano, numero 10 della formazioe, ora ammette di non «sapere dire se quello del Celle è un arrivederci alla Puglia sportiva. Ora siamo felici di trovarci in Campania, dove esporteremo la nostra passione, visto che - evidenzia il mister - i nostri giocatori non percepiscono stipendio e si tassano, tanto da aver lanciato sul web una raccolta fondi per la sussistenza del progetto. Certo siamo una formazione esterna, mix di esperienza e gioventù, che spera di trovare accoglienza. In questo senso registriamo già prima di giocare la solidarietà avversaria, a partire dal Fragneto Monforte, che mi ha comunicato che quando verrà da noi lo farà con una cinquantina di tifosi in bus per visitare le nostre bellezze».
Il Farnetum, così come il Reino, il 13 novembre per il primo match casalingo dei Romano boys, sarà ospite del campo «Argaria». La sua erba è da fare invidia alle concorrenti di periferia. La società, attraverso la pagina Facebook che è un approfondimento giornalistico tra serio e faceto, paragona arditamente il suo tappeto al «Bernabeu». Da qui il nuovo nome di Real Celle di San Vito. In campo, oltre a Romano, gli unici indigeni del comune franco-provenzale sono la punta Giannini e i centrocampisti Pavia e Furio. Quest’ultimo è stato adottato da Ascoli Satriano dopo il suo matrimonio con una cellese. È questa una delle storie della squadra dell’ultimo comune di Puglia, felice dell’etichetta di «migrante del calcio».