Un tennista che, nel 2019, per approdare al secondo turno dell’Australian Open, resistette a 67 ace subìti dall’ex 17 mondiale Opelka e 38 cm più alto di lui (211vs173), non teme di mettere la mano sul fuoco e dire: «Dopo essermi sottoposto alla pulizia del gomito destro che mi ha fatto dannare in carriera, voglio provare per una nuova volta a risalire la classifica mondiale. È stato un intervento necessario proprio perché voglio godermi a pieno gli ultimi anni della carriera senza dolori e senza dover prendere antinfiammatori tutti i giorni». Quel tennista è Thomas Fabbiano, 33 anni da San Giorgio Jonico, in provincia di Taranto.
Al diciottesimo anno da professionista della racchetta, Fabbiano è sceso in posizione 240, in pratica è il 24° italiano della Top Atp 250, secondo pugliese alle spalle di Andrea Pellegrino, biscegliese numero 136. Ma cinque anni fa, esattamente il 18 settembre del 2017, l’allora 28enne Fabbiano emetteva il suo acuto, conquistando il 70 del mondo. Un numero che gli faceva chiudere quella stagione da top 100 italiano con Fognini, Lorenzi e Seppi, dopo la sua caccia da brividi al terzo turno degli Us Open. Magie da grande slam del «piccolo» dal dritto potente e dalla tempra da maratoneta, che Fabbiano ha ripetuto altre volte nei tornei da «corona». Nel 2018, partendo da qualificato, si eleva sino al terzo turno di Wimbledon dopo aver piegato il tre volte campione slam Wawrinka. Sull’erba inglese l’anno dopo giunge al secondo turno con una delle sue vittorie più belle, contro l’ex 3 Atp Tsitsipas. Ancora nel 2019, al battesimo dell’Us Open, batte un altro ex 3 mondiale come Thiem.
Quando Fabbiano assaporava l’ebrezza della top 100 mondiale, dietro le quinte viveva un «bellissimo segreto». La sua avventura e amicizia da sparring partner con Roger Federer. Un esempio-monumento per il pugliese, che ha avuto la fortuna di «palleggiare» più volte con la leggenda. «La prima - ricorda l’atleta che è stato anche convocato in Nazionale e partecipato alle Olimpiadi di Rio 2016 - fu agli Us Open nel 2007, avevo 18 anni. Lui doveva riscaldarsi per la finale contro Djokovic, e la mattina il tour manager Vittorio Selmi mi venne a chiedere se volevo far giocare mezz’ora Federer prima di entrare in campo. Fu un’emozione pazzesca. L’ultima volta è stata lo scorso anno, appena persi nelle qualificazioni a Doha mi arrivò un messaggio dal suo allenatore Severin Luthi, in cui mi chiedeva se avevo voglia di passare qualche giorno con loro a Dubai (sotto in foto). È stata una convivenza intensa in cui abbiamo scherzato e Federer mi ha raccontato molte cose della sua carriera. C’era anche tutta la sua famiglia, i suoi figli che giocavano nel campo affianco e che imitavano il padre. Tutti questi sono ricordi che rimarranno sempre dentro me».
Oggi Fabbiano accoglie così il ritiro del campione da 103 titoli Atp, 20 slam e numero uno mondiale da record per 237 settimane consecutive: «È un giorno che tutti sapevamo sarebbe arrivato. Federer ha dato tanto a noi amanti di questo sport e molti di noi si sono avvicinati al tennis proprio grazie a lui. Lo abbiamo ammirato dentro e fuori dal campo. Di lui mi porterò i suoi consigli che mi hanno insegnato quanto si possono fare grandi cose partendo dalla semplicità e quanto si può diventare un grande personaggio rimanendo tra la gente. Con questo ritiro il nostro sport perderà tanto, ma ci sono e ci saranno grandi giocatori e grandi personaggi che riusciranno a continuare a portare il tennis a livelli ancora più alti».
Fabbiano è otto anni più piccolo di Federer, che a 41, tra le lacrime di Londra con le mani strette al rivale-amico Nadal, appende la sua pesantissima racchetta al chiodo. Il panorama del tennis, il giocatore di San Giorgio Jonico che vanta un Roland Garros da «re» Juniores doppista con Karatchenia, lo vede ancora profondo. Chiusa la parentesi col tecnico australiano Jack Reader, Fabbiano è tornato da un mese alla School Training di Foligno da dove se ne era andato quattro anni fa: «Credo che Fabio Gorietti può aiutarmi a tornare ad alti livelli», dice a due mesi dall’ultimo match giocato a Zug, in un Challenger. Nel frattempo, è diventato per la prima volta papà. «Spero che il piccolo Leo - dice Thomas alla Gazzetta - nei prossimi mesi possa vedermi giocare in un bel centrale di un torneo importante, magari di uno slam. Ecco, il suo amore e il sostegno della mia compagna Giorgia, mi danno l’energia per svegliarmi domani, uscire di casa ed andare ad allenarmi duramente».