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Che amarezza scoprirsi fuori dalla giurisprudenza

 
giuseppe alemanno

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giuseppe alemanno

Che amarezza scoprirsi fuori dalla giurisprudenza

Gli effetti collaterali di Ambiente svenduto

Domenica 15 Settembre 2024, 10:24

È dura. Esprimere una opinione equilibrata sull’annullamento del processo denominato ‘Ambiente svenduto’ è difficile. Perché l’istinto propone altro: quello che è meglio rimanga chiuso nell’anima, bloccato dalle catene dell’autocontrollo. ‘Annullare’ ha un significato preciso: eliminare gli effetti di un atto giuridico non conforme al diritto. La corte di assise di appello di Taranto ha stabilito che tutto quello che è successo nel processo ‘Ambiente svenduto’, comprese condanne e assoluzioni, semplicemente non era conforme a quel complesso di norme legislative che disciplinano i rapporti sociali in Italia. Quindi bisogna cominciare d’accapo, a Potenza. In sostanza, la sentenza di annullamento emessa dalla corte d’appello di Taranto stabilisce che tutti coloro che hanno profuso energie e tensioni per anni in ‘Ambiente svenduto’, sono dei poveri pampana-pampana perché non hanno capito subito che quel processo si collocava fuori dal diritto e dalla giurisprudenza italiana. Gli unici a saperlo erano i giudici della corte d’appello di Taranto. Lo hanno rivelato l’altro giorno, nel settembre 2024, annullando il processo ‘Ambiente svenduto’ nato dall’azione che nel luglio 2012 portò la magistratura di Taranto a sequestrare gli impianti dell’area a caldo dell’ex Ilva, contestando gravi reati ambientali a dei componenti della famiglia Riva, a parte del management dell’acciaieria sullo Jonio e ad alcuni politici. Una vicenda, quella dell’annullamento, che spolvera i concetti contenuti in ‘Fine del diritto?’ (Il Mulino, 2009) di Pietro Rossi, professore emerito di Storia della filosofia dell’Università di Torino. Rossi sostiene che l’immagine del diritto appare in declino anche perché procede sotto la spinta di interessi e posizioni ideologiche e a causa di una presenza sempre più invasiva di considerazioni extragiuridiche. Cari amici, gentili lettori, come avrete intuito mi sto arrampicando sugli specchi. Il mio ricorso a riferimenti ‘alti’ serve solo a frenare le voci di dentro ‘basse’ che urlano e che fatico a tacitare. Solo il profondo rispetto per i lettori mi porta all’impiego di parole riferibili. Ben altro mi detta il cuore. Per fortuna che ho trovato soccorso nelle parole di un uomo per bene: Luigi Einaudi, secondo Presidente della Repubblica Italiana ma primo ad essere eletto dal Parlamento, senza alcun dubbio uomo scevro da ogni sospetto di estremismo. Così scrisse nel novembre 1919, a proposito della tracotanza protezionistica attivata dal governo Nitti: “Se questa non è pazzia sragionante, io non so più come distinguere la follia dalla saviezza.”

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