Il provvedimento era stato emesso nel settembre scorso dai pm Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock nell’ambito delle indagini sul presunto ricatto a Silvio Berlusconi da parte di Tarantini, di sua moglie Angela Devenuto, e di Valter Lavitola. La decisione dei penalisti baresi non sorprende il procuratore di Napoli, Giovandomenico Lepore: “La notizia – dice – per noi non è nuova: abbiamo già inviato gli atti alla Procura generale della Cassazione tramite la presidenza della Corte d’appello”.
“Una copia degli atti - aggiunge – è stata inviata per conoscenza anche al Csm”. Per Lepore, i suoi pm non hanno commesso 'forzaturè: “Quello applicato dai colleghi – afferma – è un istituto previsto dal codice”.
La presunta estorsione sulla quale indagavano i tre pm campani è stata poi riqualificata dal tribunale del Riesame di Napoli in istigazione a mentire con l’invio degli atti, già trasferiti a Roma, alla procura di Bari: questa finora ha iscritto nel registro degli indagati il solo Lavitola e sta studiando se contestare lo stesso reato al premier.
Proprio del faccendiere latitante a Panama ha parlato oggi il ministro della Giustizia, Francesco Nitto Palma, a margine della conferenza Italia-America Latina alla quale partecipa anche il ministro della sicurezza di Panama, Josè Mulino. “Al momento - ha detto il Guardasigilli – la questione Lavitola interessa i magistrati di Bari non il ministro della Giustizia” che “parlerà della presenza di Lavitola a Panama quando i magistrati che hanno emesso nei suoi confronti un provvedimento di cattura – ora siamo in presenza di un provvedimento provvisorio sub iudice a Bari – ci trasmetteranno gli atti”.
In attesa di eventuali richieste al ministero di via Arenula, resta la segnalazione del decreto firmato dai pm partenopei al ministro e al procuratore generale della Cassazione che è stata decisa oggi dall’assemblea dei penalisti baresi, convocata dal presidente della Camera penale di Bari, Egidio Sarno. Era presente anche il presidente dell’Unione delle Camere penali, Valerio Spigarelli, che ha definito l’iniziativa della procura napoletana “grave e sconcertante” e ha detto che da Bari i penalisti vogliono sollevare “il problema che in Italia deve essere restituito integralmente il rispetto del diritto di difesa che non può essere violato”.
Una protesta forte quella dei penalisti baresi che già nei giorni scorsi avevano definito l’emissione del decreto dei pm napoletani “un episodio gravissimo che vulnera il sistema delle garanzie del segreto professionale poste a tutela del diritto della difesa”. Secondo i difensori, infatti, “soltanto 'il giudicè, a seguito di 'accertamentì, può ordinare al professionista-testimone di deporre qualora risulti che la dichiarazione di astensione sia 'infondatà”, in base all’art. 200 del Codice di procedura penale.
Quindi, ritengono il provvedimento “certamente abnorme sia perchè non emesso da un giudice (come previsto dalla legge), ma dalla stessa parte processuale procedente sulla base di una propria autonoma valutazione discrezionale, sia perchè basato su una presunta 'interpretazione sistematicà priva di un qualsiasi riferimento normativo”. Da qui la conclusione che il giudice che può sollevare il legale dal segreto professionale è solo quello che escute l’avvocato-testimone “nel dibattimento”, non altri.