Le perplessità non mancano ma il treno è in marcia e i manovratori, malgrado i diversi problemi sul tappeto, non sembrano intenzionati a fermarsi malgrado limiti temporali e difficoltà oggettive.
Si è svolta ieri mattina la riunione convocata dal direttore generale dell’Ager Gianfranco Grandaliano e dalla presidente dell’agenzia Fiorenza Pascazio con tutti i sindaci pugliesi, riunione finalizzata alla costituzione della società pubblica con l’Acquedotto Pugliese per la gestione del ciclo dei rifiuti.
I limiti temporali sono essenzialmente due: la sentenza del Tar di Milano che la settimana scorsa ha dichiarato la illegittimità del sistema degli impianti minimi in Puglia, accogliendo il ricorso proposto da alcuni operatori pugliesi che avevano contestato la decisione di sottoporre gran parte degli impianti regionali di trattamento rifiuti a regolazione, e i termini scanditi dal nuovo testo unico sui servizi locali.
Rispetto alla sentenza del Tar della Lombardia, a nessuno è sfuggito il fatto che la lettera di convocazione dell’incontro di ieri sia partita lunedì scorso, ovvero dopo il responso dei giudici amministrativi milanesi, una coincidenza temporale non irrilevante. Quanto al decreto legislativo 201 dello scorso 23 dicembre, lo stesso prescrive che «a livello locale le funzioni di regolazione, di indirizzo e di controllo e quelle di gestione dei servizi pubblici locali a rete sono distinte e si esercitano separatamente» e che a tale fine «gli enti di governo dell'ambito o le autorità specificamente istituite per la regolazione e il controllo dei servizi pubblici locali non possono direttamente o indirettamente partecipare a soggetti incaricati della gestione del servizio», divieto che però si applica «a decorrere dal 30 marzo 2023» e dunque è evidente che gli autori del disegno finalizzato alla costituzione della nuova società stanno provando a fare una operazione che tra meno di un mese sarà vietata dalla legge.
Quanto ai limiti oggettivi, era evidentemente impossibile ottenere il via libera ieri mattina dai 258 sindaci pugliesi, alcuni dei quali, primi cittadini di comunità numericamente rilevanti, hanno sollevato dubbi e questioni: chi mette i soldi? Che fine faranno società e impianti di proprietà dei sindaci Comuni? Perché non è stato messo a disposizione un piano? Ma avendo incassato il via libera dell’Anci e contando sul sostegno del comitato dei delegati (i sindaci di Bitetto, Lecce, Grottaglie, Latiano, Stornarella e Spinazzola), l’Ager intende andare comunque avanti nella costituzione della società con Aqp. I due enti diverranno i nuovi soci paritari della Aseco che si occupa già oggi di trattamento dei rifiuti organici e dei fanghi prodotti dai depuratori di Aqp, incuranti del fatto che il sostanziale fallimento del piano dei rifiuti si deve proprio alla incapacità della mano pubblica di fare il suo mestiere. La Puglia ha due impianti pubblici (pagati con soldi privati) già pronti da anni, ma che non vengono aperti perché la Regione non ha la forza di imporsi sui veti locali.
L’audizione urgente in Consiglio regionale di Grandaliano è stata chiesta dalla Lega e da Azione. «La gestione dei rifiuti in Puglia - scrivono in una nota i consiglieri regionali leghisti Conserva e Romito - soffre di una concezione verticistica e centralista che esclude ogni ipotesi di virtuosa competitività e condanna i comuni a autoescludersi da logiche di mercato, che offrirebbero servizi e costi più vantaggiosi, per regalarli ad una programmazione, quasi di sovietica memoria, che viene decisa da Ager senza alcuna procedura di evidenza pubblica. Lo abbiamo detto e lo ribadiamo, c’è bisogno di procedure chiare e trasparenti che, con criteri oggettivi per tutti, disciplinino i flussi attualmente oggetto di valutazioni comunicate volta per volta da Ager senza alcun contraddittorio».
«La gestione pubblica dei rifiuti - dicono invece il consigliere e commissario regionale di Azione Fabiano Amati, i consiglieri Sergio Clemente e Ruggiero Mennea, capogruppo - non può essere una scusa per costruire nuove forme di potere in capo ad Ager. Abbiamo chiesto un’audizione urgentissima in Commissione ambiente dell’assessore regionale al ramo, del presidente Anci, dei presidente e dg di Aqp, e del dg di Ager. Se si tenesse davvero alla gestione pubblica del servizio rifiuti il percorso lineare sarebbe semplice e senza bisogno di alchimie. Innanzitutto, costruire gli impianti e organizzare una società tra Aqp e comuni - va bene pure l’ingresso in Aseco (società di Aqp) - così da poter gestire in house il servizio. E invece, stando alle indiscrezioni, cosa si vorrebbe fare? Per non escludere gli attuali governanti della Regione dall’intervento diretto su questo servizio - ma perché questa smania di starci dentro direttamente? -, si usano i comuni e il loro ruolo di committenti in house - ma perché mai i comuni si fanno usare? - così da introdursi attraverso l’Ager, agenzia completamente diretta dalla Regione, negli assetti societari di Aseco, ossia la società nelle intenzioni chiamata a gestire i rifiuti. In poche parole - proseguono i consiglieri di Azione - comuni come strumento, nella mani di Ager, evidentemente ritenuta più affidabile della stessa Aqp, società pubblica interamente detenuta dalla Regione. E tutto questo in fretta e in furia, ovviamente, perché se l’iniziativa si concretizzasse oltre il 29 marzo, l’ipotesi di Ager all’interno della compagine sarebbe vietata dalla legge».