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E l’Italia imparò a scendere in piazza

 
Annabella De Robertis

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Annabella De Robertis

E l’Italia imparò a scendere in piazza

Si tratta del quarto sciopero generale nazionale di 24 ore proclamato unitariamente dalla nascita della Repubblica: il primo si è tenuto nel luglio ‘48, dopo l’attentato a Togliatti, e ben due nel febbraio del 1969, per la riforma del sistema pensionistico e per l’abolizione delle zone salariali

Sabato 18 Novembre 2023, 10:23

«L’Italia a braccia incrociate»: è il 18 novembre 1969 e «La Gazzetta del Mezzogiorno» così informa i suoi lettori dell’agitazione sindacale che si preannuncia per il giorno successivo. Si tratta del quarto sciopero generale nazionale di 24 ore proclamato unitariamente dalla nascita della Repubblica: il primo si è tenuto nel luglio ‘48, dopo l’attentato a Togliatti, e ben due nel febbraio del 1969, per la riforma del sistema pensionistico e per l’abolizione delle zone salariali. Siamo nel pieno del cosiddetto “autunno caldo”, durante il quale le agitazioni dei metalmeccanici per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro si saldano alle altre aspirazioni egualitarie in campo salariale e con la lotta studentesca. La mobilitazione del 19 novembre ‘69, si apprende dalla «Gazzetta», muove da ulteriori istanze: «Allo sciopero di domani, proclamato per sollecitare una nuova politica della casa – ancora ieri sera i sindacati hanno detto che i provvedimenti adottati dal Governo sono insufficienti – sono chiamati i lavoratori dell’industria, agricoltura, pubblico impiego, commercio, credito e servizi, in totale circa 20 milioni di persone. A giudizio degli ambienti sindacali la manifestazione costituisce il primo sbocco concreto della loro strategia tendente a saldare, in una sintesi superiore, le lotte per più alti salari e per migliori condizioni di lavoro nelle fabbriche con le lotte per le riforme di struttura». Si sciopera, quindi, per una modifica radicale delle politiche abitative: si intende sottrarre la casa alle logiche di puro profitto per assicurare a tutti i cittadini condizioni di vita dignitose. I ferrovieri e gli autoferrotranvieri incroceranno le braccia per mezza giornata, mentre per tutte le ventiquattro ore saranno fermi i servizi aerei, elettrici, telefonici: gli ospedalieri aderiranno, sempre garantendo i servizi indispensabili e il pronto soccorso, così come i Vigili del fuoco. La stampa partecipa compatta, astenendosi dalla pubblicazione dei giornali per l’intera giornata, mentre i giornalisti Rai assicureranno la diffusione di alcune trasmissioni del Telegiornale e del Giornale radio. Saranno ridotti i programmi di intrattenimento ma – i telespettatori sono rassicurati – dalle 11,40 sarà trasmessa la telecronaca della passeggiata lunare: è in corso, infatti, la missione Apollo 12 e dopo il primo allunaggio del luglio dello stesso anno nessuno potrebbe perdersi le immagini che arrivano in diretta dalla luna. Il 19 novembre l’Italia si ferma: la «Gazzetta» e tutti gli altri quotidiani nazionali non vanno in stampa. Soltanto il giorno successivo apprendiamo quanto accaduto in quelle ore turbolente. La mobilitazione ha avuto un indubbio successo ovunque, anche a Bari: «Fabbriche, scuole, uffici, negozi chiusi, niente servizi di trasporto. All’imponente corteo, aperto dai dirigenti di tutti i sindacati, hanno partecipato numerosi studenti e soprattutto le giovani leve di operai delle industrie sorte nella zona. Tanti cartelli con gli slogans sulla penuria degli alloggi popolari sul forte rincaro del costo della vita». Il segretario nazionale della Cgil, Guerra, ha sottolineato il significato dell’unità di tutti i lavoratori come presupposto dell’unità sindacale e ha messo in risalto i punti per ì quali si attende da parte del governo una pronta risposta: sviluppo dell’edilizia popolare, lotta al rialzo dei prezzi, sanità, edilizia scolastica, fisco e, per la Puglia, maggiori posti di lavoro, finanziamento del piano generale d’irrigazione. Nessun incidente di rilievo, fatta eccezione per le fucilate sparate in aria da un avvocato in via Piccinni. La Giunta municipale si è riunita ed ha approvato un odg con cui esprime «piena solidarietà per i lavoratori in lotta per l’eliminazione di pesanti squilibri del nostro tessuto sociale e per il conseguimento di significativi traguardi di giustizia e di civiltà». A Milano, invece, la mobilitazione ha un epilogo tragico. Antonio Annarumma, un poliziotto campano di ventidue anni, viene coinvolto negli scontri tra gruppi di manifestanti e forze dell’ordine: colpito con una spranga di ferro alla testa, muore poche ore dopo. Ventitré giorni dopo, il 12 dicembre 1969, con la strage di piazza Fontana inizierà la fase più buia della storia della Repubblica.

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