È il 24 ottobre 1922, il giorno della grande adunata organizzata dai fascisti a Napoli. Sul Corriere delle Puglie in prima pagina, però, c’è Giovanni Giolitti, il politico che incarna lo Stato liberale, tornato nell’agone politico per trovare una soluzione alla crisi del governo Facta.
L’ex presidente del Consiglio ha pronunciato a Cuneo un importante discorso durante il quale ha invitato i fascisti ad entrare nella legalità. Dopo venti mesi di azioni squadristiche e di corrispondenti reazioni dei socialisti, culminate nelle offensive di luglio e agosto e nello sciopero generale, il Paese è stremato dalle violenze. Ecco le parole di Giolitti riportate sul «Corriere»: «In mezzo alle lotte aspre in alcune parti d’Italia, pacifiche inoltre, un nuovo partito si affaccia alla vita politica italiana. Esso deve prendere quel posto al quale il numero dei suoi aderenti gli dà diritto, ma nelle vie legali, le sole che possono dare vera e durevole autorità ad un partito nell’orbita costituzionale; le sole per le quali si può attuare la parte fondamentale del programma di quel partito, il rialzare cioè l’autorità dello Stato per la salvezza, la grandezza e la prosperità della Patria. Per le vie legali con la ferma convinzione che non tarderà a ristabilire la pace sociale in tutta l’Italia. Più grave assai è il pericolo che incombe sulla nostra Patria per le condizioni della pubblica economia». Anche Mussolini ormai si è convinto che non è più il momento di presentare il fascismo come forza «antistato»: esso deve non solo farsi accettare dallo Stato, ma diventare esso stesso Stato. La conquista del potere è una priorità, da raggiungere in qualsiasi modo: essa non può avvenire, però, come semplice avvicendamento di governo, ma deve costituire una rottura della prassi politica tradizionale. Si prevede, intanto, una «calma e ordinata adunanza di venticinquemila camicie nere a Napoli», si legge sul «Corriere»: «Bari, in occasione della partenze delle squadre fasciste per il grande convegno di Napoli, sembrò trasformata improvvisamente in un campo di concentramento di forze militari».
Il giorno prima, infatti, le squadre pugliesi, guidate dell’on. Giuseppe Caradonna, si sono messe in viaggio per il capoluogo campano: «Sin dalle prime ore del mattino, i giovani squadristi in camicia nera e gli ex combattenti con le decorazioni di guerra, percorrevano le vie della città, fermandosi poi davanti la sede del Fascio, preparandosi e ricevendo ordini per la partenza»: come era prevedibile, non sono mancati scontri tra fascisti e «sovversivi», a suon di sassate e colpi di rivoltella. Il clima è teso: mancano ormai pochissimi giorni alla marcia su Roma.