L’Occidente è in crisi? Siamo agli sgoccioli di una lunga parabola storica? Con la solita dose di libertà e coraggio, essenziali in un intellettuale nell’esercizio delle sue funzioni, il filologo Luciano Canfora offre risposte necessarie. Lo fa nel libro edito da Laterza: Il porcospino d’acciaio – Occidente ultimo atto.
Professor Canfora, l’immagine del “porcospino d’acciaio” sembra l’ennesimo inganno di un Occidente che ostenta debolezza per poi armarsi fino ai denti.
«L’immagine del “porcospino d’acciaio” è stata coniata e ripresa più volte dalla presidente della Commissione Europea Ursula Von der Layen. L’ha ripetuta a Donald Trump, dopo l’incontro tra il presidente americano e il leader russo Vladimir Putin in Alaska. È una sorta di mantra per sostenere che l’Ucraina debba diventare militarmente forte come Taiwan e Israele, già considerati “porcospini d’acciaio”. Ma questa idea di difendersi con l’acciaio, che piace molto a Von der Layen, è una costante dell’Occidente. Storicamente è servita per imporsi come portatori di valori superiori, attraverso il colonialismo, il quale ha implicato l’uso della forza. Lo storico Toynbee scriveva che l’Occidente, piccolo e armato, ha dato l’assalto al mondo e questa storia nasce proprio con il colonialismo, quando l’Ovest ha iniziato a considerarsi portatore di valori più alti da imporre con le armi. Nel libro ho pubblicato una nota “buffa” di Giulio Einaudi, che corredava il testo sul dominio europeo in Asia di Kavalam Panikkar, diplomatico indiano del governo Nehru. Giulio Einaudi sembra redarguire Panikkar, elencando il “buono” dei valori occidentali, ma in realtà mostra proprio quanto sia imbarazzante quella retorica. La sintesi è che il conflitto tra colonizzazione e decolonizzazione, nato nel Novecento, continua ancora oggi riflettendosi nelle dinamiche geopolitiche.»
Nel libro definisce il Patto Atlantico come il “Santo Graal” dell’Occidente. La NATO è ancora attuale o è anch’essa una reliquia?
«La NATO è stata per molto tempo un atto di fede, quasi una crociata, come quella del film di Indiana Jones. Dopo la fine del blocco sovietico, del socialismo reale, come ha scritto l’ambasciatore Sergio Romano sul Corriere, il nemico sembrava non esserci più e la NATO appariva come un’istituzione svuotata di senso, obsoleta. Ma le cose sono cambiate: ora la NATO è a 50 chilometri da Leningrado e il nemico è tornato ad essere presente. Gli Stati Uniti non sono più il bengodi che erano, gli europei non potevano prevedere la vittoria di Trump sull’onda della crisi interna agli Usa. Il presidente americano non è il pagliaccio descritto dai nostri giornali, ma vuole riportare gli Stati Uniti al benessere, scrollandosi di dosso il peso dell’Alleanza atlantica. Perciò la NATO oggi è in bilico tra chi vuole mantenerla in vita e chi, come Trump, è stufo. Non so come finirà ma la situazione è pericolosa. Tutto è iniziato nel 1997, quando George Kennan e Robert McNamara scrissero al presidente Bill Clinton implorandolo di non allargare la NATO. Non sono stati ascoltati, e ora si tenta di fare a pezzi la Russia come fu per la Jugoslavia, ma non è andata così. La situazione è pericolosa perché si è persa la capacità di comprendere il mutamento dell’ordine mondiale, soprattutto da parte dell’Europa.»
L’Unione è una promessa tradita? Esiste il rischio di una Europa in frantumi?
«Senza dubbio. L’UE ha avuto varie nascite e momenti di crisi, come nel 1954 con la bocciatura della Comunità di difesa da parte del parlamento francese. Il timore era riarmare la Germania occidentale a dieci anni dalla guerra, mentre i russi chiedevano una Germania unita ma neutrale. Helmut Schmidt scrisse un libretto, “La clausola di Stalin”, in cui sosteneva che avremmo fatto bene ad accettare quella proposta, ma il cancelliere dell’epoca Konrad Adenauer si oppose con il sostegno degli USA. Negli anni successivi, i trattati di Roma portarono alla nascita della Comunità Europea: pochi Stati cui si aggiunsero, in seguito, Paesi come il Regno Unito. Ai tempi del declino sovietico, Mikhail Gorbaciov propose la “casa comune europea”, vedendo che il sistema di alleanze, nate dopo il 1945, stava crollando. Era una soluzione che l’Europa avrebbe dovuto cogliere al volo, ma non lo fece. L’Unione Europea si ribattezzò tale e inventò la moneta unica: per l’Italia una botta mortale, con il valore dei salari dimezzato. Quando Putin ripropose questa idea nel 2007 alla conferenza di Monaco, gli europei pensarono di poter spingere i confini a Est e che la Russia si sarebbe rassegnata allo status quo. Ma oggi l’Unione Europea è disunita, con interessi nazionali contrapposti, e problemi enormi: ognuno va per conto suo. Il cancelliere tedesco Merz sostiene di avere il più grande esercito d’Europa. Interessante è la domanda che pone il generale Fabio Mini: che lingua parlerà l’esercito europeo? Siamo di fronte a una disunione, come sottolinea lo stesso Trump.
L’Occidente sembra non aver mai smesso di espandersi. Lei teme che questo “grande inganno” possa avere un finale apocalittico?
«I rischi ci sono stati e continuano ad esserci. Penso alla crisi di Cuba nel ’62, alla guerra del Kippur tra Israele e i paesi arabi, agli euromissili. Per fortuna, la linea telefonica rossa tra Mosca e Washington ha spesso salvato il mondo dal conflitto nucleare. Oggi fa sorridere che si urli contro l’intesa tra Mosca e Washington, considerandola una nefandezza. Gran Bretagna, Francia e Germania sembrano voler intralciare il processo di pace, e se continuano ad armare Zelensky, non escludo si possa ricorrere a mezzi estremi. I nostri politici sono irresponsabili, sperano che la gente creda che la situazione sia quella del 1938, quando Francia e Gran Bretagna tardarono solo l’inizio della Seconda guerra mondiale cedendo la Cecoslovacchia a Hitler in nome di una volontà pacifista, l’“appeasement”, che celava debolezza; ma il paragone con Monaco non regge. La storia insegna: Fabio Massimo nel 216, durante la Seconda guerra punica, voleva evitare lo scontro con Annibale, poi arrivò la battaglia di Canne: un disastro militare senza precedenti per Roma. Invocare questi paragoni serve solo a drogare l’opinione pubblica, che però ci crede sempre meno. La situazione internazionale è estremamente delicata e il rischio di un conflitto nucleare non può essere escluso.»
Professor Canfora e la gente cosa crede? Si fida dell’informazione?
«Non faccio sondaggi, ma ho l’impressione che la gente non creda più alle analogie tirate per i capelli. Paghiamo l’energia il triplo rispetto a quando l’acquistavamo dalla Russia, e le primissime sanzioni dopo l’annessione della Crimea hanno danneggiato la nostra agricoltura. La politica spesso nasconde le difficoltà enormi che abbiamo, imbellettando la realtà propinata attraverso l’informazione.»
Esiste un partito della pace?
«La Lega è divisa, non tutti la pensano come Salvini; Fratelli d’Italia è monocratico, con i suoi esponenti che nominano il primo ministro Meloni come nelle preghiere; il Partito democratico è un attendamento zingaresco, con Elly Schlein che non sa che pesci prendere; il leader di Forza Italia Tajani sembra “felice” perché non ha idea di quello che succede. La situazione è complessa e la politica italiana appare incapace di affrontare le sfide reali, mentre la gente è sempre più disillusa».
















