Via libera, dalla Consulta, alla normativa della Regione Puglia che ha introdotto come criterio di selezione delle ditte che partecipano a gare di appalto pubbliche quello della retribuzione oraria di almeno nove euro l'ora per i dipendenti delle imprese che aspirano a vincere i bandi. Con la sentenza numero 188, depositata oggi, infatti la Corte costituzionale - respingendo il ricorso di Palazzo Chigi contro i 'paletti fissati dalla legge regionale - ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti dell’articolo 2, comma 2, della legge della Regione Puglia numero 30 del 2024 e della sua successiva modifica con legge regionale numero 39 del 2024.
Le disposizioni contestate dal ricorso della Presidenza del Consiglio prevedono la fissazione di una soglia retributiva minima di nove euro l’ora come criterio di selezione del Ccnl che la Regione e gli enti strumentali devono indicare negli atti di gara relativi a procedure di evidenza pubblica bandite a livello regionale. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha lamentato la violazione degli articoli 36, primo comma, e 39, quarto comma, della Costituzione, in quanto le disposizioni regionali lederebbero l'autonomia della contrattazione collettiva nella fissazione delle retribuzioni; nonché, dell’articolo 117, secondo comma, lettere l) e m), che attribuiscono allo Stato la competenza esclusiva, rispettivamente, in materia di ordinamento civile e di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, sostenendo le esigenze di uniformità e eguaglianza sottese alla disciplina della retribuzione nei rapporti di lavoro sia pubblico che privato.
La Corte costituzionale non è entrata nel merito delle obiezioni in quanto le disposizioni regionali oggetto di contestazione non introducono un obbligo generalizzato di retribuzione minima che si imponga direttamente a tutti i contratti di lavoro privato subordinato stipulati nel territorio regionale, ma hanno un ambito di applicazione circoscritto alla sola sfera degli appalti pubblici e delle concessioni affidati dalla Regione e dagli enti strumentali. Le questioni, pertanto, sono state dichiarate inammissibili perché, rispetto a ciascuno dei parametri evocati, non sono stati prospettati profili attinenti ai beni e agli interessi di rango costituzionale che vengono in gioco nello specifico ambito delle procedure di evidenza pubblica.
















