Mercoledì 17 Dicembre 2025 | 02:29

Le stagioni dell’arte attraverso la storia

Le stagioni dell’arte attraverso la storia

 
Giacomo Fronzi

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Giacomo Fronzi

Le stagioni dell’arte attraverso la storia

Vincenzo Trione ci invita a sospendere giudizi affrettati e a porci, quanto meno, una fondamentale domanda: l’età dell’avanguardia è un’esperienza ancora viva?

Martedì 16 Dicembre 2025, 17:29

La storia dell’arte occidentale viene generalmente scandita in stagioni, facendo corrispondere a ciascuna di esse uno stile prevalente. La tradizionale periodizzazione – che spesso trascura le tante “terze vie” che rendono ogni secolo un periodo molto più diversificato e multiforme di quanto le etichette lascerebbero pensare – si infrange definitivamente a cavallo tra Otto e Novecento, quando la carica rinnovatrice e lo slancio rivoluzionario delle arti, con il loro sfrangiamento, giunge a un apice inatteso. È il tempo delle avanguardie storiche, la cui vocazione principale è quella di fare piazza pulita dell’ormai insostenibile fardello della conciliante e armonica rappresentazione a favore dell’immagine, del gesto, della violenza estetica, scagliandosi contro gli spettatori «come le locomotive sul pubblico nei […] film tridimensionali» (Th.W. Adorno). 

Si potrebbe pensare che l’età dell’avanguardia, con quella così specifica e inedita spinta propulsiva, sia per noi solo un passato: troppo incapsulata in un tempo e in certi luoghi ormai superati dalla storia, troppo vincolata a roventi conflitti ideologici che oggi appaiono sbiaditi. Eppure, Vincenzo Trione – critico d’arte, docente alla IULM di Milano e nota firma de «La lettura» (Corriere della Sera) – ci invita a sospendere giudizi affrettati e a porci, quanto meno, una fondamentale domanda: si tratta di un’esperienza ancora viva? L’ultimo lavoro di Trione, Rifare il mondo. Le età dell’avanguardia (Einaudi), ha davvero moltissimi meriti, a partire proprio da questo: mettere in questione ciò che pare consegnato soltanto alle pagine di una storia chiusa e già scritta, privo di smalto e sconnesso rispetto a quanto poi accaduto nel corso del XX e del XXI secolo. Tutt’altro. In questo volume, corposo, ma straordinariamente chiaro, l’Autore «mira a disegnare i contorni di una storia possibile», muovendosi dichiaratamente tra comparazioni, meticciati, labirinti, rimandi, contrasti, trasferimenti, corrispondenze, sconfinamenti. Scritto quasi con spirito avanguardista, Rifare il mondo, nel suo brillante, fecondo e costante dislocarsi, accende i riflettori su alcuni protagonisti di una stagione effettivamente irripetibile, ma su cui era necessario proporre un discorso critico in grado di muoversi «tra piani e registri diversi», capace di seguire «percorsi possibili e multipli», di attraversare e porre in risonanza «pratiche e campi», senza nascondere nulla: né preferenze né dubbi, né fascinazioni né insofferenze. 

Antistituzionali, antiaccademici, antitradizionalisti, entusiasticamente ed energicamente in corsa verso un orizzonte di distinzione e di alternativa, i protagonisti dell’età dell’avanguardia si agitano negli spasmi del nuovo, non sempre riuscendo nell’intento di «eliminare la separazione tra realtà alienata e immaginazione libera», di fatto non abbandonando mai «la dimensione spirituale del proprio lavoro, inciampando negli stessi limiti propri della lotta rivoluzionaria dell’epoca». Abbagliante nella sua ricchezza e profondo nelle sue esplorazioni, Rifare il mondo presenta tanti volti quanti sono i suoi caratteri. Muovendo sempre da opere d’arte perfettamente inquadrate, le argomentazioni si orientano e si diramano verso scavi tematici, orizzonti di senso, visioni del mondo e pratiche quotidiane. Libero da gabbie ideologiche o da troppo rigidi schemi metodologici, Trione ci guida lungo strade impreviste, indicandoci paesaggi nuovi e attirando la nostra attenzione su parole, concetti, figure che vanno ben oltre gli anni d’oro dell’avanguardia e che distribuiscono la propria luce e la propria influenza fino a oggi. Perché la materia, qui, è tutt’altro che morta. O, meglio ancora, è viva in quanto morta. Da quell’originaria spinta di rifare il mondo, condivisa da pochi, si è originato, non solo nel mondo dell’arte, un diffuso “sentimento della (ri)costruzione”, anche attraverso l’esperienza dell’errore che svela e del fallimento che genera. 

La parabola indicata da Trione appare preziosa e illuminante nella sua capacità di tenere insieme, in una cornice mobile ma coerente, costellazioni diverse: dall’arte al videogame, dalla letteratura ai tatuaggi, dal cinema al design, dall’architettura agli attivisti di Ultima Generazione. Rifare il mondo, adottando uno stile di scrittura affascinante, invita a «pensare non a partire dall’avanguardia, ma con l’avanguardia, analizzandone ipotesi e discontinuità, contraddizioni e aporie, inciampi e sentieri impervi», giungendo a definire «una cartografia accogliente e parziale, volta a far emergere ciò che è vivo e ciò che è morto della tradizione dello sperimentalismo primonovecentesco, in una dinamica di tramandi per trasmissione e per trasformazione».

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