Claudio Crescentini, nel saggio che apre il catalogo Pasolini pittore, sottolinea come, «oltre a essere regista, sceneggiatore e drammaturgo, poeta, scrittore, traduttore e linguista, saggista, critico d’arte, autore televisivo, paroliere, polemista, appassionato calciatore non professionista, elzevirista sportivo, Pasolini è anche pittore. E lo è fin dall’inizio della sua attività artistica – primi anni Quaranta – in contemporanea con il suo “essere poeta”, in una linguistica visiva ancora da connettere con il sistema dell’arte del Novecento». PPP, a cinquant’anni dalla sua scomparsa, andrebbe allora ricordato anche per il suo rapporto con il disegno e con la pittura, attività che lo hanno accompagnato dalla tarda giovinezza fino alla morte.
Proprio qualche anno fa, in occasione del centenario della nascita (2022), la Galleria d’Arte Moderna di Roma ha allestito la mostra “Pasolini pittore”, curata da Silvana Cirillo, Claudio Crescentini e Federica Pirani, che, per la prima volta in queste dimensioni, ha dato conto di un mondo, quello grafico-pittorico, assolutamente centrale nella poetica, nella vita e nell’immaginario di Pasolini. Le oltre centocinquanta opere esposte in quell’occasione – selezionate dal corpus della collezione del Gabinetto Scientifico Letterario G.P. Vieusseux di Firenze (depositario della maggiore raccolta di opere dello scrittore e regista), ma anche dalla Fondazione Cineteca di Bologna, dal Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa, per la prima volta in mostra fuori dalla locale Casa Colussi, dall’Archivio Giuseppe Zigaina, oltre che da collezioni private – hanno collocato una nuova tessera nel mosaico-Pasolini. Le opere grafico-pittoriche di PPP, oltre a muoversi parallelamente a momenti fondamentali della sua vita e della sua produzione (i suoi esordi pittorici, ad esempio, vanno di pari passo con le prime prove poetiche in dialetto friulano), segnalano l’esigenza profonda di trovare sempre ulteriori vie di espressione. PPP osserva, riflette, immagina, s’interroga, e tutti questi dispositivi apparentemente solo intra-corporei, mentali, interiori necessitavano di trovare forma espressiva. Le opere grafico-pittoriche – che non vanno considerate un semplice passatempo o una forma di intrattenimento – sono un eccezionale e ulteriore esempio di proiezione esteriore di contenuti interiori, vissuti, esperienze e memorie. Sono, molto spesso, la trascrizione segnica di tracce mnestiche, ma anche, talvolta, la traduzione di pure presenze fantastiche e immagini mentali.
Susanna addormentata (1942), Ragazzo seduto (1943), Paesaggio di Casarsa (1944), Autoritratto con la vecchia sciarpa (1946), Autoritratto con fiore in bocca (1947), Narciso (1947), Pellerossa (1947), Ritratto di Ezra Pound (1967), Ritratto di Giuseppe Zigaina (1970), i diversi ritratti di Maria Callas (1969, l’anno della loro collaborazione per il film Medea) e di Roberto Longhi (1974-1975): l’intera produzione pittorica di Pasolini può essere ricondotta a due grandi universi, quello naturale e quello delle relazioni umane. Le nature morte e i paesaggi friulani vengono rappresentati da Pasolini creando atmosfere sospese e “incomplete”, dal carattere profondamente intimista. E non si può evitare di notare come i paesaggi siano stati realizzati, dal punto di vista tecnico, con abilità notevolissima, della quale è significativo l’utilizzo del pigmento esplorato da un Pasolini poco più che ventenne. Alle ambientazioni naturali si affianca una vastissima geografia umana, popolata da alcune delle persone a cui egli è stato legato e che hanno lasciato un segno profondo nella sua vita. Nei tantissimi ritratti e nelle raffigurazioni dei corpi (maschili e femminili) riecheggia l’intero arco esistenziale di Pasolini e, in un senso più profondo, gli attraversamenti della sua anima. Nei lavori a tempera che rappresentano figure senza nome, il tratto è spesso, il colore, per quanto mai troppo acceso, è netto. Sono corpi colti spesso di spalle o da una prospettiva laterale, dei quali si coglie un atteggiamento pensoso, ma reattivo. In diversi ritratti a inchiostro, dedicati a persone care, è come se, invece, prevalesse un’urgenza rappresentativa e un piglio deciso, “addomesticati” dall’estrema delicatezza con cui Pasolini si approcciava concretamente alla persona rappresentata e, ancor di più, spiritualmente al ricordo che aveva di essa. Dai cugini Nico e Franca a Giovanna Bemporad, da Giuseppe Zigaina a Federico De Rocco, da Andrea Zanzotto alla madre Susanna, fino a Laura Betti, Ninetto Davoli, Maria Callas e Roberto Longhi, in questo archivio sentimentale non manca nessuna delle figure che hanno germogliato nell’hortus conclusus pasoliniano e che, in qualche modo e in misura diversa, ne hanno determinato la fisionomia e la profondità.
















