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Lo sguardo sulla città

Lo sguardo sulla città

 
ALESSANDRA LOGLISCI

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ALESSANDRA LOGLISCI

Lo sguardo sulla città

Forma e pensiero urbano

Domenica 02 Novembre 2025, 18:03

Pierpaolo Pasolini, dietro una macchina da presa, dialoga con Ninetto D’Avoli nella trasmissione “Io e…” di Anna Zanoli (1973). A un tratto afferma, perentorio: “Per quel che riguarda la situazione dell’Italia; della forma delle città nella Nazione italiana, la situazione è irrimediabile e catastrofica”. Schietto. Crudo. Irrevocabile e senza possibilità di repliche.

Il tema del documentario è “la forma della città”. Il punto di vista di Pasolini è quello del regista, dell’intellettuale che ha vissuto e vive un’epoca di grandi cambiamenti (fascismo, Seconda guerra mondiale, dopoguerra).

La prima inquadratura in campo stretto è della città di Orte (in provincia di Viterbo) con la sua perfezione stilistica e la sua armonia; poi l’obiettivo si apre - all’improvviso - su un palazzo residenziale contemporaneo del tutto dissonante. 

Pasolini, con la macchina da presa racconta il suo pensiero; guarda al territorio come regista e riconosce nell’architettura a lui contemporanea la distruzione delle città. L’armonia antica di Orte è squarciata a destra dall’enorme caseggiato e, a sinistra, dalle case popolari.

Pur riconoscendo la necessità sociale dell’edilizia popolare, il poeta individua in essa una ferita tragicamente inferta al tessuto urbano.  È una tematica costante nel dibattito: il rapporto tra architettura e contesto.

Non si può pensare a un edificio senza prevedere il suo impatto su ciò che lo circonda; esso può riqualificare o deturpare l’ambiente in ugual misura. Nel caso di Orte il regista riconosce la difformità dei caratteri della nuova edilizia rispetto ai caratteri storici della città. Siamo nel pieno del periodo in cui prolifera tragicamente la speculazione edilizia ovvero quella prassi architettonica che ha come finalità principale il profitto; architetture a basso costo e di bassa qualità vengono inserite senza scrupoli in contesti storici consolidati.

Le riflessioni sulla forma della città emergono in perfetta coerenza con la critica aperta e coraggiosa fatta da Pasolini alla società capitalista. Il suo dialogo è schietto e scabro. Come sempre.

La città altro non è che lo specchio della decadenza di quella società che, con scientifiche azioni demolitorie della civiltà del passato, ha condotto all’omologazione.

Il problema posto da Pasolini non è solo dettato dal suo spiccato senso estetico - “forse eccessivo” dice, “da anima bella” - ma è anche una questione aperta dalla presa di coscienza successiva alla realizzazione di film che intrecciano storia e mito.

Citando i viaggi in Oriente (per esempio nello Yemen dove ambientò il”Decameron”, girando il documentario “Le mura di Sana’a”), il regista racconta come spesso l’architettura o la sua distruzione è mezzo di affermazione politica; di volontà dichiarata di distruggere il passato per promuovere un futuro incardinato in nuovi valori (spesso peggiorativi). Cita, per esempio, la città di Yazd dove lo scià di Persia ha fatto demolire un antico sistema di ventilazione come azione di (dubbia) modernizzazione; e poi anche la distruzione di una monumentale porta in granito in una città yemenita. Non esistono regimi o schieramenti politici, ma esistono uomini che, attraverso la distruzione della città (intesa come fenomeno sociale ancor prima che fisico), vogliono distruggere la storia di un territorio.

Ma in cosa risiede l’armonia della città? “La forma della città è visibile nel contrasto con ciò che la circonda” ribadisce più volte Pasolini; quelle case popolari di Orte turbano l’equilibrio tra ambiente urbano e natura.

Inoltre, con sguardo disilluso e pessimista, lo scrittore afferma che la situazione italiana è irrimediabilmente compromessa alludendo, forse, a Roma che spesso egli mette in relazione alle borgate.

La città borghese contro le borgate popolari. L’edilizia della speculazione contro l’edilizia storica spontanea.

Parallelamente al caso di Orte, Pasolini parla di Sabaudia. Città nata per volere di Mussolini e inaugurata il 15 aprile del 1934. Dopo Littoria (attuale Latina), è la seconda città pianificata e costruita dal regime dopo la bonifica delle paludi dell’Agro Pontino.

L’intellettuale riconosce le sue radici in un’identità locale forte che il fascismo non è riuscito a scalfire pur “dominando tirannicamente”. Al contrario, negli anni settanta (e ancora oggi), un potere (apparentemente) democratico ha promosso un’omologazione e una “acculturazione” modellate sui nuovi valori consumistici. Ma l’Italia non è un Paese che può essere omologato se non privandolo completamente di tutti quei “vari modi di essere uomini” che la caratterizzano. L’ Italia, nel suo peculiare sviluppo longitudinale, racchiude in sé innumerevoli culture, paesaggi e tradizioni che rappresentano la sua ricchezza e che non possono essere conformati a modelli calati dall’alto.

Infine, un altro concetto fondamentale viene affrontato da Pasolini: il valore storico e identitario della città come sistema strutturato di architetture “anonime-popolari” (cioè, frutto della spontanea e naturale attitudine dell’uomo di pianificare il territorio per rispondere ai suoi bisogni primari) e di emergenze di particolare pregio (i monumenti strettamente intesi). Bisogna difendere l’uno con la stessa forza con cui si difendono gli altri. Così come è necessario difendere la poesia popolare e, insieme, quella dei grandi poeti; entrambe espressioni diverse e coerenti dell’identità di un territorio.

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