Arrendiamoci. Gli uomini possono cose che noi non possiamo. No, non solo fare la pipì in piedi da qualsiasi parte, anche commentare senza timori il gradimento di un bel fondoschiena femminile, del seno, della bocca e ovviamente dei costumi morali, «quella è una suorina», «quella è una porcona». Cose così, da maschi.
Provate voi, povere donne, nel bel mezzo di un salotto, a parlare di performance sessuali, cose di letto, amanti più o meno focosi. Provate a parlare apertamente di quelle che ritenete miserie maschili, a cominciare dall’ostinata pratica di risistemarsi gli attributi maneggiando in pubblico il cavallo dei pantaloni. Provate a sfoderare linguaggio audace e rituali libertini, avreste la riprovazione generale, nessuno vi inviterebbe mai più, cancellerebbero il vostro numero di telefono dalla rubrica. Non solo gli uomini, anche le donne. Anzi, soprattutto le donne che hanno imparato a memoria il bon ton delle relazioni tra generi, il generoso tributo di essere «la grande donna che sta - ovviamente - dietro il grande uomo» e sanno in quale steccato di gesti, parole e abitudini devono consumare la propria esistenza per vivere in pace.
E non provate a fare come Albertine, la moglie di Fridolin del Doppio Sogno di Schnitzler (poi diventati Alice e Bill Harford nell’Eyes wide shut di Kubrick). Lei confessa al marito di aver fatto fantasie sessuali su uno sconosciuto. Fantasie, non un vero tradimento. Se nel romanzo Fridolin si infila per ripicca in una festa/orgia mascherata, nella vita reale il vostro uomo potrebbe uccidervi o darvi fuoco o sfregiarvi con l’acido. Qualcuno poi parlerebbe di raptus, qualcun altro di delitto passionale, perché in Italia abbiamo perfino riscritto l’articolo 587 del codice penale quello che blandamente puniva qualunque assassino che avesse agito «nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia». Abrogato nel 1981 e prepotentemente rigurgitato nel Dna italico a suon di «ma lei c’aveva un altro. ma lei stava sempre in giro. ma lei era strana...». (E taciamo qui degli strupri perché «ma lei ci stava» è scolpito su ogni lapide di donna violentata).
Quando a Daisy, l’amore segreto del Grande Gatsby, dicono che la creatura che ha dato alla luce è una femmina, lei scoppia a piangere. «Sono contenta che lo sia e spero che sia anche stupida: è la cosa migliore per una ragazza in questo mondo, essere una bella oca giuliva!». È questo, dunque, il gioco di ruoli nelle robuste società patriarcali? Tempo fa girava una vignetta sui social: un gruppo di donne col burqa che si dicevano «non andiamo in Italia, lì c’è il patriarcato». Ma neanche quello puoi pronunciare perché «patriarcato» ha una notevole sfumatura di giudizio e gli uomini (ma anche certe donne) quando te ne sentono discettare storcono il naso e ti dicono «basta con queste ideologie».
Dunque cosa fare: arrendersi? Nel corso degli evi è stata la magia la dimensione salvifica del genere femminile. Masciare, fattucchiere, streghe. Come levatrici, erboriste, ostetriche. Il sapere muliebre è invisibilmente collegato all’occultismo. «Sono stata chiamata in molti modi: sorella, amante, sacerdotessa, maga, regina» anche una delle scrittrice cult del neofemminismo, Marion Zimmer Bradley, autrice di una potente riscrittura al femminile del ciclo di Re Artù, Le nebbie di Avalon, rimarca questa appartenenza magica perché nei codici scritti dagli uomini, in quel perimetro di regole, la magia non è altro che un sinonimo di libertà e disobbedienza. Ed ecco perché a un epocale giro di boa dell’umanità, gli uomini hanno deciso di bruciare le donne: in quel fremito di autodeterminazione, piglio e ribellione la Santa Inquisizione riconobbe non già la Strega ma qualcosa di molto più minaccioso, quella Grande Madre che molti secoli dopo, nella psicologia di Jung, sarà la potenza dell’inconscio, l’archetipo ambivalente di distruzione e salvezza, vita e morte.
In questa Santa Inquisizione del Terzo Millennio, con le donne prepotentemente ritrascinate sul patibolo e il fastidio diffuso per quella metafora strega/femminista, riscopriamo prodigi e pozioni, incantesimi e sortilegi, come la Circe di Madeline Miller. Filtri d’insubordinazione. Altro che resa.