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Saper amare l’oggetto d’amore come soggetto da amare

Saper amare l’oggetto d’amore come soggetto da amare

 
Emanuela Megli

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Emanuela Megli

Saper amare l’oggetto d’amore come soggetto da amare

A partire dalla relazione autentica con il proprio sé

Sabato 15 Aprile 2023, 16:43

La primavera apre la stagione degli amori, il mese delle grandi dichiarazioni d’amore e dei matrimoni, che dopo il periodo pandemico sono in grande ripresa (nel 2021 l’86,3% in più rispetto al 2020 dati ANSA e nei primi nove mesi del 2022, i dati provvisori indicano un lieve aumento dei matrimoni, +4,8% rispetto allo stesso periodo del 2021, dati ISTAT report dell'Istat "Matrimoni, unioni civili, separazioni e divorzi, anno 2021"). 

Partner o coniugi, fidanzati o amici, le relazioni affettive nuove e consolidate sono sempre più sotto la lente di ingrandimento di esperti e di specialisti pronti a dare consigli e ad aiutare gli amanti a districarsi tra relazioni intricate, tossiche e sane. 

Ma cos’è l’amore e cos’è amare? 

Alla base del saper amare c’è un pilastro fondamentale, utile in tutte le relazioni, persino quella con sé stessi, che fa da specchio a quella con gli altri: saper amare l’oggetto d’amore, come soggetto da amare.

Amore è saper riconoscere che l’amato è un tu, è un soggetto, è una persona e significa superare quell’arcaica idea – spesso inconsapevole - di amare un oggetto di amore, ovvero riconoscere che l’oggetto d’amore è anche soggetto d’amore. Questo significa che vedrò l’amato, figlio/figlia, moglie/marito, partner, amico/a, collega, nella sua bellezza, nell’integrità della sua personalità e che mi sforzerò di riconoscere i suoi bisogni, i suoi pensieri, nella libertà e nel rispetto che ogni alterità richiede. Che non temerò la diversità, ma imparerò ad onorarla come la motivazione principale di ciò che mi attrae e mi affascina, perché ogni persona è unica e meravigliosamente destinata ad essere ciò che è. L’amore in questa prospettiva è osservazione, dono, mai pretesa; è assenza di giudizio, accoglienza, sostegno e stimolo a cercare di far brillare la propria luce, perché si realizzi il progetto della vita per la persona e per la comunità in cui è inserita. 

Portatori di doni, di talenti, di esperienze, di sofferenze, di intuizioni, creiamo futuri in cui persone e popoli possano esprimersi in tutta la loro identità, con il complesso dei valori, dei significati, delle culture a cui appartengono e che in armonia con quelli di altri possono costituire il panorama identitario dell’intera umanità, varia perché ricca di diversità, unica però nel suo comune appartenere al mondo. 

Quando voglio manifestare i miei sentimenti alla persona amata, posso chiedermi in che modo quel gesto o quella parola la raggiunge e da cosa mi accorgo se si ferma a lei o se in qualche modo ho l’aspettativa che ritorni a me. 

Iniziare ad amare prima sé stessi, è un buon allenamento, che vuol dire prendersi cura di quei bisogni fondamentali di benessere, di crescita e di felicità, che sono presenti in fondo ad ogni persona. Saper amare significa sapere chi siamo, conoscere i nostri bisogni e nostri valori e sapere cosa siamo in grado di offrire in una relazione. Avere il coraggio di chiederci come stiamo e di prendere un impegno con noi stessi per riprendere le fila di una vita sana, con ritmi sostenibili, permettendoci riposo, svago, divertimento, leggerezza, nella bellezza di una primavera vissuta nella natura circostante che ci ispira e ci riporta alla connessione con l’essenza della nostra esistenza: “saper stare”, stare bene e poterne godere. 

Amare significa soprattutto stupirsi, sorprendersi, e riuscire a ridestare in sé e nel soggetto d’amore il desiderio di amare e di essere riamato. Amare è rinnovare, vedere con occhi nuovi, saper cogliere la bellezza dell’alterità da sé, che proprio per questo attira, attrae e affascina. Sebbene molti di noi pensino che amarsi significhi assomigliarsi, essere simili e avere una visione comune sulle cose, se non proprio pensare allo stesso modo, in realtà ciò che ci innamora è l’autenticità dell’alterità, che nel tempo va alimentata in una ricerca di identità e individuazione (JUNG, anni 20). Ciò che conta è avere valori (e comportamenti correlati) comuni e un progetto di vita da voler realizzare insieme, in alleanza di intenti e di dedizione. Lo strumento principale del collante è la condivisione, la complicità che scaturisce dal desiderio della continua scoperta dell’altro/a, nella consapevolezza di non “possederlo/a”, ma di doverlo/a conquistare e scegliere ogni giorno nel dono libero e reciproco, sapendo di non conoscerlo/a mai davvero fino in fondo. 

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