Domenica 07 Settembre 2025 | 20:00

Tanti partono dal Sud ma vediamo anche quelli che ora tornano

 
giovani all'estero cervelli in fuga

Il treno del dietrofront lo si prende anche perché dove si era emigrati e dove si torna ci sono condizioni diverse e opposte a quelle della partenza.

Venerdì 07 Febbraio 2025, 15:50

La differenza è che non vedi la differenza. Che la Puglia abbia perso negli ultimi dieci anni 135mila giovani andati via al Centro Nord, è più certo di quanto sia certo che il mare è salato. E che di questi 135mila, quelli dell’area metropolitana di Bari siano oltre 36 mila, lo dice una bibbia come l’Istat, l’Istituto italiano di statistica. Del resto, basta parlare con genitori a caso per avere la conferma come una geremiade: mio figlio? E’ a Bologna. Mia figlia? A Milano. Dovesse continuare così, entro il 2043 Bari avrebbe l’8 per cento di abitanti in meno, cioè poco più di 288 mila. E la Puglia 470 mila in meno (essendo già scesa da 4,1 milioni a 3,9), mai un calo così pesante dalla seconda guerra mondiale. E poi i figli che non nascono: come fanno a nascere qui se chi può farli nascere non è più qui? Aggiungendoci gli immigrati regolari, che da che mondo è mondo hanno supplito. Ma i mal di pancia di chi gli erge muri contro anche se servono, impedisce che siano il ricambio.

Non consolerebbe neanche a pagamento sapere che se tanti giovani meridionali vanno su, tanti giovani settentrionali se ne vanno all’estero. Ottantamila all’anno, si calcola. Già un botto se non si tenesse anche conto che partono soprattutto dalle regioni più ricche come Lombardia e Veneto, proprio quelle che sembrano un paradiso ai loro coetanei del Sud. Come dire che in questo Paese non ci vuole stare più nessuno, anche se in questi giorni si dice che sarebbe oggetto del desiderio di ammiratori che vanno dai deserti sauditi ai ghiacci artici. Stipendi bassi, scarso riconoscimento del merito, mancanza di prospettive almeno per i migliori e più ambiziosi, un’atmosfera che sembra scoraggiare più che stimolare. Un Paese improvvisamente vecchio mentre altrove corrono, intelligenza naturale o artificiale che sia.

Ma i rilevatori sismici non sono in grado di cogliere un terremoto se non quando c’è già stato. Eppur si muove, disse Galileo che rischiò la pelle a furia di dirlo. La differenza è che non vedi la differenza. Nessuna illusione, specie perché si giocherebbe rozzamente col sentimento di chi vive con dolore un figlio andato via. Non siamo a un controesodo. Ma quelli che tornano sono di più di quanto crediamo. Non li vediamo tutti insieme, non è che andiamo alla stazione e sbarcano in massa dai treni e gli facciamo l’intervista. Ma ogni giorno i media raccontano storie di chi ha messo il «mare a sinistra», come dice un abusato slogan, adottato anche dalla Regione Puglia in una sua chiamata a bordo di buona volontà. E ritorni non da sconfitti, se non l’impossibilità di continuare a vivere dove, esempio, un fitto ti costa metà mensile. E dove, se ci vai a studiare, non campi senza le «rimesse» della tua famiglia, in un flusso inverso a quello delle precedenti emigrazioni dai bastimenti per terre assai lontane in poi.

Eppur si è mosso soprattutto col Covid. Quando, dovendo lavorare da casa, tanto valeva tornarsene a casa e lavorare a distanza, o da remoto, come si disse. Una parte di quella «ritornanza» è diventata «restanza». Con la presenza al Sud pur lavorando col Nord: non un svolta economica, ma una svolta sociale sì. Insomma una possibilità di dare al proprio territorio anche quel poco (o quel molto) che con una assenza non si può dare. Una partecipazione più o meno attiva. Più difficile con una popolazione anziana, troppo più preoccupata del suo presente per avere voglia di pensare al futuro e meno che mai al futuro di tutti. Quando si dice (anche esagerando) che al Sud manca una classe dirigente, come averla senza giovani?

Poi il nuovo modo di lavorare, con un computer che ti consente di farlo da qualsiasi posto con qualsiasi altro posto del mondo senza muoversi dalla propria sedia. Così al Sud sono sorti non solo movimenti di «ritornati» tipo il siciliano South Working o il pugliese «Bentornati al Sud», come i social testimoniano. Ma altri senza etichette. Una silente e spesso spontanea comunanza di esperienze, che potrebbero essere la cittadinanza attiva: dare al Sud ciò che si è imparato altrove. È spesso la riscoperta dell’agricoltura è uno fra i motivi di richiamo a fare il percorso inverso. O è, bisogna dirlo senza scetticismo, quello stile di vita del Sud che non attira solo i suoi figliol prodighi, ma anche tanti stufi di una velocità e di un ritmo che fanno tanto produrre ma non fanno, appunto, vivere.

Così se il Sud discriminato è sconfitto da un divario imposto da leggi inique dell’economia e della politica, è invece vincitore con l’attrattiva di un senso dell’esistenza scomparso altrove e che nessun maligno decreto potrebbe cancellare. Mettici uno sviluppo che comunque c’è, ed è invisibile solo per chi ha provolone negli occhi, e vedi che il treno del dietrofront lo si prende anche perché dove si era emigrati e dove si torna ci sono condizioni diverse e opposte a quelle della partenza.

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