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Addomesticare la giustizia, ecco il vero obiettivo del «trumpismo» italico

 
Ettore Jorio

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Ettore Jorio

Addomesticare la giustizia, ecco il vero obiettivo del «trumpismo» italico

Il modello Trump capitalizza consensi, ispiratori e imitativi.

Mercoledì 29 Gennaio 2025, 13:18

Il modello Trump capitalizza consensi, ispiratori e imitativi. Tanti gli emulatori che assumono il suo modo di essere leader e il suo correre alle sintesi senza analisi. Il suo disporre - con scenografie di firma da sfidante monarca medievale - innumerevoli provvedimenti simbolo di una modalità di governo prepotente e irragionevole: gli ordini esecutivi. Il massimo dell’agire monocratico, quasi il simbolo di un agire imperiale.

Analizzando i perché di tutto ciò, si comprende che il neo presidente statunitense prende in parola facendolo proprio il modello contrattualistico, ma nel senso nominalistico e giuridico, non già in quello filosofico, che ha dominato il pensiero politico a partire da Hobbes e Kant e ri-declinato nel tardo ‘900, sino ad arrivare all’assurdo concepimento del presidente a stelle e strisce.

Vi ho proposto, mi avete votato, faccio ciò che voglio, è la sintesi del suo ragionamento, del suo essere di fronte al Mondo nel quale gli Usa contano, e tanto (forse troppo). Facendo proprio questo paradigma trumpiano, diventa non difficile ritrovare simili impronte in alcuni atti assunti dal governo meloniano.

Al di là dell’obiettivo rilievo di scandalose facilitazioni legislative - spesso al di fuori dei canoni della ragionevolezza sino ad arrivare a tirare di boxe alla Costituzione - perfezionate in favore dei Presidenti dello stesso lignaggio della maggioranza che lo regge, l’attuale Esecutivo fa molto peggio di Trump in termini di tutela della corruzione e di esercizio della giustizia. Agisce come se dovesse accontare taluni, rendere vita facile alle complicità decisori/dirigenza, ammansire la giustizia ad ogni livello.

Quanto a quest’ultimo scopo sembra nutrire il desiderio della volpe che, rivolgendosi al Piccolo Principe, gli sussurra: addomesticami. Ma non nel senso che sia la Giustizia a pretenderlo. In una siffatta inversione, l’addomesticare preteso dal simpatico canide selvatico si trasforma nella volontà del Governo di intervenire a modello del domatore di cavalli Ettorre, intendo però per esercizio equestre quello della giustizia.

Il tramite di tutto questo è Roberto Nordio, che passerà alla storia per aver fatto fuori, direttamente ovvero attraverso parlamentari mediatori di ingiustizia, la magistratura. Quel soggetto costituzionale del quale il ministro veneto ha indossato per decenni l’uniforme che, oggi, vilipende.

Lo ha fatto con l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, giustificando l’insana opzione basandosi su statistiche sulle quali Trilussa avrebbe riso e tanto. Ciò in quanto i rapporti resi pubblici per suffragare l’iniziativa demolitiva tra indagati e condannati rappresentavano solo un esempio di uno stile statistico non sobrio. Escludevano infatti le numerosissime indagini archiviate nei preliminari dagli stessi PM e i quintali di prescrizioni intervenute, molte della quali ben costruite processualmente approfittando dei ritardi dei togati giudicanti. Il tutto con il bene placido di chi ha fatto della PA la fonte della propria ricchezza.

Nordio lo sta continuando a fare con la divisione delle carriere. I suoi ex colleghi da una parte e le toghe addette alle sentenze dall’altra. Lo motiva come se le toghe anche dal medesimo indossate fossero immeritate, perché poggiate sulle spalle di magistrati incoscienti, comunisti ed esibizionisti.

La toga, beninteso, è la certificazione di un meritato successo concorsuale, uguale per tutti e difficile da superare, di un giuramento sacro e dell’esercizio di un ufficio costituzionale. Proprio per questo motivo, tenendo nella giusta considerazione gli insegnamenti del Montesquieu, chi vi accede ha il dovere ineludibile di dare alla Giustizia il corretto significato: quello di assicurare il prodotto della giustizia, funzionale al corretto bilanciamento dei poteri e all’esaltazione dello Stato di diritto. Non nominalmente, bensì quel prodotto messo a terra, che è palesemente leggibile nel suo simbolo che lo promette. In quella bilancia che garantisce lo Stato di diritto, certamente, il sistema giurisdizionale avrebbe bisogno di interventi, ma non certamente divisori e di accaparramento politico della magistratura requirente. Maggiore organico, adeguata formazione alle nuove tecnologie e cura legislativa per l’accesso al sistema giustizia della IA costituiscono gli ingredienti per garantire al Paese del diritto l’esercizio del potere giurisdizionale che merita e alla Nazione una concreta uguaglianza.

Invece no, il trumpismo domestico sta andando anche oltre. Sta cannibalizzando anche la giustizia contabile. C’è il progetto di legge Foti + 2 che, al lordo di un emendamento peggiorativo introduttivo di un art. 2 bis, tenta di: fare una strage della rete territoriale di controlli della Corte dei conti; affrancarsi la burocrazia limitandole il danno in rapporto allo stipendio percepito; mettere nel disagio la magistratura obbligandola a pareri preventivi sugli atti da emettere esimendo così i decisori dal danno finanche doloso; imporre addirittura un test psico-attitudinale- elaborato nel rispetto delle linee guida e degli standard internazionali di psicometria - per l’accesso alla prova orale del concorso, di chi ha superato brillantemente le tre prove scritte. Senza contare che facendo così, il buon banditore veneziano attenua di brutto le garanzie di buona amministrazione e pone in essere un vilipendio al ruolo che la Costituzione ha attribuito al Giudice dei conti.

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