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Il Fisco per le imprese e quell’inutile lotteria di Capodanno

 
Nicola Didonna

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Nicola Didonna

Il Fisco per le imprese e quell’inutile lotteria di Capodanno

La legge di Bilancio 2025 porta il regalo di Babbo Natale a circa 18 mila imprese, tante sono secondo i calcoli della relazione di accompagnamento

Lunedì 30 Dicembre 2024, 13:42

La legge di Bilancio 2025 porta il regalo di Babbo Natale a circa 18 mila imprese, tante sono secondo i calcoli della relazione di accompagnamento. Le società di capitali potranno avere uno sconto del 4% sull’aliquota Ires che verrà applicata sull’imponibile del 2025, sugli utili di impresa.

Però, come quando scriviamo la famosa letterina a Santa Claus, i regali arriveranno se faremo i buoni, o almeno promettiamo di esserlo. E così come i buoni propositi si sprecano nelle letterine dei nostri bambini, anche le condizioni per usufruire dello sconto fiscale non sono poche.

Ben cinque! La letterina delle nostre imprese apparirebbero più o meno così: «Caro Ministro Giancarlo Giorgetti, premesso che ho fatto il buono non solo nel 2024 ma anche nel 2023 facendo utili, ti prometto che: 1) Farò ancora utili anche nel 2025 e ne accantonerò a riserva indisponibile almeno una quota dell’80%, senza mai distribuirli ai soci fino a tutto il 2026, nemmeno in parte, pena la perdita del regalo.

2) Ti prometto che faro tanti investimenti entro ottobre 2026, di quelli che ti piacciono tanto - quelli innovativi di Industria 4.0 e transizione 5.0 - per un importo pari almeno al 30% della riserva di cui al precedente punto e non li venderò sino a tutto il 2030, per almeno 5 anni, pena anche qui la perdita del regalo.

3) Ti prometto ancora di mantenere altre 3 promesse: nel 2025 avrò una media dei dipendenti almeno pari a quella del 2022-2024, ne assumerò a tempo indeterminato altri, almeno uno in più, e non ricorrerò mai alla brutta Cassa Integrazione Guadagni, almeno non per colpa mia o dei miei dipendenti». Rileggiamola, correggiamola e inviamola speranzosi, come ai vecchi tempi in cui credevamo a Babbo Natale.

Ma chi saranno i bimbi buoni che riceveranno i regali? Come sempre non saranno i bimbi poveri, ma quelli ricchi. Saranno le società sane, quelle che fanno utili da almeno 3 anni in pieno autofinanziamento e che crescono avendo necessità di assumere. Saranno in pratica aziende sane che non avrebbero avuto necessità del regalo per essere buoni; lo sono già di per sé.

Come già visto per il concordato biennale sono aziende che ringrazieranno ma che non aumenteranno il flusso di imposte pagate o lo aumenteranno di meno di quanto non avrebbero già fatto. Sono aziende che hanno già fatto investimenti e continueranno a farli a prescindere, senza bisogno di vincoli per aumentare la loro struttura patrimoniale già solida e che soprattutto hanno soci che non saranno affatto ammaliati dall’idea di veder loro distribuiti solo il 20% degli utili prodotti.

Ma allora a cosa serve questa strenna natalizia? A fortificare ulteriormente circa 18 mila imprese? Quelle sono già solide. Che utilità marginale avrà questo sacrificio in termini di minor gettito fiscale? D’altro canto non sembra che invece la strenna riuscirà a far diventare buone le imprese cattive; quelle che con l’incentivo dei doni avrebbero potuto pensare a far diventare i buoni propositi delle vere buone azioni. Quelle che bisognerebbe riuscire a spingere a ritrovare e aumentare la produttività, visto che non fanno utili, attraverso gli investimenti innovativi senza ricorrere al licenziamento dei dipendenti.

Appare quindi inutilmente penalizzante il vincolo previsto di aver «già fatto utili nel 2023 e 2024», emendamento riproposto in extremis durante l’iter parlamentare della Legge di Bilancio; ci si poteva limitare agli utili futuri da accantonare e reinvestire semplicemente in modo da risolvere l’annoso problema della sottocapitalizzazione delle imprese italiane.

Allora, caro Babbo Natale, vuoi sentire, io continuerò a fare come ho sempre fatto e tu, i tuoi doni portali a chi vuoi, a chi ne ha meno bisogno di me. Io, impresa marginale, continuerò come sempre: speriamo che me la cavo.

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