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Morto il «bipopulismo», con Meloni e Schlein rinasce il bipolarismo

 
Biagio Marzo

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Biagio Marzo

Morto il «bipopulismo», con Meloni e Schlein rinasce il bipolarismo

È morto il bipopulismo ed è resuscitato il bipolarismo, con protagoniste la premier Giorgia Meloni e la leader dell’opposizione Elly Schlein.

Martedì 26 Novembre 2024, 14:00

È morto il bipopulismo ed è resuscitato il bipolarismo, con protagoniste la premier Giorgia Meloni e la leader dell’opposizione Elly Schlein. Il che è dovuto anche per la crisi di quel centro moderato che ha tradito tante aspettative politico elettorali. In verità, per diversi fattori tra i quali il deficit della proposta politica e il dissidio personale tra i due leader che lo rappresentavano. Le elezioni di questi ultimi tempi hanno, ulteriormente, segnato il trapasso dal bipopulismo al bipolarismo, con il calo elettorale dei partiti populisti per eccellenza gravitanti sia a sinistra sia a destra. A sinistra, chi gioca un ruolo egemone è il Partito democratico di gran lunga rispetto ai suoi partner. Il M5s, per definizione populista, è stato, indubbiamente, il sintomo della crisi del principio della rappresentanza e della legittimità delle istituzioni. Insomma, una novità tra le più rilevanti avvenute negli ultimi decenni. Il M5s tallonava elettoralmente il Pd e a Giuseppe Conte nacquero velleità di essere candidato a premier alle prossime politiche. Giammai, avrebbe accettato un candidato premier se non fosse stato lui medesimo, ma hanno fatto giustizia i risultati elettorali: «non c’è trippa per gatti». Vale a dire, il Pd è il primo partito dell’opposizione, lasciando notevolmente indietro i pentastellati. Il voto delle scorse regionali, Liguria, Umbria ed Emilia Romagna, è stato polarizzato dai Dem della Schlein. Vero è che i 5s nelle elezioni politiche danno il meglio di sé stessi, viceversa, nelle regionali e nelle comunali calano non avendo gruppi dirigenti all’altezza delle singole competizioni e, per di più , mancano di un radicamento territoriale . La selezione dei candidati per via digitale è una operazione artefatta e non rende sul piano dell’impegno elettorale e così come non hanno reso politicamente i meetup buoni per calamitare gruppi di cittadini e buoni, in alcuni momenti apicali del grillismo imperante, per mobilitare su temi sociali, ambientali ed economici masse di persone. Era il tempo dei «Vaf», quello di «aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno» e dell’assurda trovata: «Abbiamo sconfitto la povertà», tramite il reddito di cittadinanza. Politica immaginifica come l’invenzione di «uno vale uno» e della democrazia diretta sulla piattaforma digitale.

La scelta governativa, con il primo governo populista della storia d’Italia guidato da Conte e avente al fianco i vicepresidenti Luigi Di Maio e Matteo Salvini, piaccia o no, ha di fatto cambiato pelle al M5s. Passando da forza antisistema a quella di sistema, dal Movimento di Grillo e di Casaleggio all’attuale partito di nuovo conio di Conte. Sul completamento della revisione delle regole interne e della riconversione in partito, ha lavorato con successo Conte. Su questo terreno si era aperto uno scontro tra l’ex premier Conte e il fondatore, Beppe Grillo, che ha fatto il suo tempo, tant’è che propone il passato che non c’è più, dato i grandi cambiamenti avvenuti in Italia e a livello geopolitico, con due guerre in corso, che hanno chiuso i conti con il populismo di Grillo-Casaleggio . All’assemblea costituente Nova dei 5s, ha vinto Conte: cancellata la figura del garante - Grillo, abolizione del vincolo dei due mandati e la scelta politica «progressisti indipendenti». Una specie di Psiup riveduto e corretto, in salsa putiniana. Consumato il parricidio di Grillo, tutto è nelle mani di Conte. Difficile fare pronostici politico-elettorali.

Al che, Grillo non mollerà e darà filo da torcere a Conte, probabilmente, presenterà una propria lista con una cifra né di destra né di sinistra.

Sul versante della destra di governo, Giorgia Meloni, ha polarizzato tutto e di più, con la Lega in grosse difficoltà elettorali dopo l’exploit delle europee del 2019, il cui risultato straordinario fu del 34%. Non va bene al Centro Italia come visto in Umbria e in Emilia Romagna, meglio di poco in Liguria. La politica espansionistica è entrata in crisi al di là delle Stretto, Sicilia, e oltre, in Sardegna. E al di sotto del Garigliano e al di sopra del Rubicone. Salvini è alle prese con alcuni cambiamenti che riguardano il gruppo parlamentare e il vertice del partito lombardo. Come capo gruppo al Senato dovrebbe andare il segretario della Lega della Puglia, il leccese Roberto Marti, al posto di Massimiliano Romeo. E, comunque, Salvini punta ancora al Sud, in specie al Salento della “ ceci e tria” al posto del Nord della polenta. Fatto sta che l’eclisse della Lega, nel Mezzogiorno d’Italia, è stato causato, in primis, dall’approvazione della riforma dell’autonomia differenziata, “l’Italia dei venti staterelli” ,di cui i governatori del Carroccio sono i sostenitori.

Il partito nazionale, di cui Matteo Salvini è stato l’ideatore e fondatore, si è sfrangiato contro lo scoglio dell’autonomia differenziata. Ha perduto il Sud e il Nord ha il maldipancia, per ragioni opposte.

Con la morte di Berlusconi, in molti davano per spacciata Forza Italia, ma Antonio Tajani ha dato il meglio di se stesso, ha recuperato il centro tra sovranismo di FdI e populismo della Lega, evitando la debacle elettorale. Benché i rapporti di Tajani con la Meloni sono eccellenti, con Salvini ai minimi storici.

In ultima analisi, le due coalizioni sono dei vasi comunicanti FdI, da un lato, il Pd, dall’altro, raccolgono più voti a scapito degli alleati. In tal senso, all’interno dei pentastellati e dei leghisti sorge la preoccupazione di essere “fagocitati”, parola ripetuta a iosa, in queste ultime settimane. Precisamente, i primi dai Dem della Schlein e i secondi dai FdI della Meloni.

Il paradosso è che alcuno dei partiti dominus ,di cui sopra, riesce a sottrarre voti al blocco astensionista del 50%. Ragion per cui, si gioca a ruba mazzo, nelle proprie coalizioni di appartenenza.

In base ai successi di FdI e del PD, si è creata una posizione di confronto nella logica bipolare, in cui si fronteggiano le due “Biancaneve” , Giorgia Meloni e Elly Schlein, ognuna con il singolo codazzo dei “sette nani”. Al dunque, le due avversarie “amazzoni” sono coloro che hanno lo scettro del comando politico bipolare.

Biagio Marzo

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