È sotto gli occhi di tutti come l’ultima Enciclica «Dilexit nos», «Ci ha amati», di Papa Francesco sia stata snobbata dai media più influenti in Italia e nel mondo perché ritenuta inadeguata e non interessante per i lettori dei grandi quotidiani. Eppure in questa enciclica si parla di qualcosa che riguarda tutti: l’umanità sta perdendo il «cuore». Dice Papa Francesco: «vedendo come si susseguono nuove guerre, con la complicità, la tolleranza o l’indifferenza di altri Paesi, o con mere lotte di potere intorno a interessi di parte, viene da pensare che la società mondiale stia perdendo il cuore» (n. 22). Questo è clamoroso quando l’atrocità delle guerre in atto viene considerata una notizia di ordinaria amministrazione. Per ridonare un cuore all’umanità il Santo Padre fa un documento pontificio, un’Enciclica, massima espressione del suo magistero.
Il cuore non appena come sede dei sentimenti, ma nel suo significato biblico di sede della ragione, dei pensieri, degli affetti e delle decisioni di ogni persona. Il centro dinamico della vita. «Quando siamo tentati di navigare in superficie, di vivere di corsa senza sapere alla fine perché, di diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato a cui non interessa il senso della nostra esistenza, abbiamo bisogno di recuperare l’importanza del cuore. Cosa intendiamo quando diciamo “cuore”?» (n. 2).
Da questo cuore nascono le altre due encicliche che trattano problemi sociali e ambientali la «Laudato Sì» e la «Fratelli tutti», ampliamente commentate dai vari mezzi di comunicazione del mondo.
In quest’ultima Enciclica si trattano tutte le domande fondamentali del cuore umano che esprimono la necessità di un senso e di una pienezza per la nostra vita. «La cosa migliore è lasciar emergere domande che contano: chi sono veramente, che cosa cerco, che senso voglio che abbiano la mia vita, le mie scelte o le mie azioni, perché e per quale scopo sono in questo mondo, come valuterò la mia esistenza quando arriverà alla fine, che significato vorrei che avesse tutto ciò che vivo, chi voglio essere davanti agli altri, chi sono davanti a Dio. Queste domande mi portano al mio cuore» (n. 8).
E non è una riflessione intimistica per pochi devoti; si passa dalle domande del cuore umano allo sguardo al cuore trafitto di Cristo dal quale nasce la passione per le persone ferite di ogni categoria umana e in particolare dei più poveri e degli esclusi dal potere economico.
Da quel cuore nasce anche la «cura della casa comune», la nostra terra ferita, che soffre violenza di ogni tipo che rivela una ferita profonda nel cuore delle persone che infierisce anche sulla terra. «Ciò che questo documento esprime permette di scoprire che quanto è scritto nelle Encicliche sociali «Laudato sì» e «Fratelli tutti» non è estraneo al nostro incontro con l’amore di Gesù Cristo, «perché, abbeverandoci a questo amore, diventiamo capaci di tessere legami fraterni, di riconoscere la dignità di ogni essere umano e di prenderci cura insieme della nostra casa comune» (n. 217).
È poi sorprendente come in un documento solenne di grande importanza Papa Francesco riesca a regalarci un passaggio in cui parla dei nostri «panzerotti»: «Nell’era dell’intelligenza artificiale - scrive - non possiamo dimenticare che per salvare l’umano sono necessari la poesia e l’amore. Ciò che nessun algoritmo potrà mai albergare sarà, ad esempio, quel momento dell’infanzia che si ricorda con tenerezza e che, malgrado il passare degli anni, continua a succedere in ogni angolo del pianeta. Penso all’uso della forchetta per sigillare i bordi di quei panzerotti fatti in casa con le nostre mamme o nonne. È quel momento di apprendistato culinario, a metà strada tra il gioco e l’età adulta, in cui si assume la responsabilità del lavoro per aiutare l’altro» (n. 20). Rispetto al processo freddo dell’algoritmo c’è tutta la bellezza della cura che è un fatto di cuore e non meccanico. Nulla sostituisce il rapporto diretto tra persone, l’affetto e l’amore. E per questo è necessaria una fonte che non si esaurisce e quindi il nostro Papa propone come balsamo il «cuore di Cristo» che è entrato nella storia come presenza sperimentabile ed ha attratto a sé persone concrete: i Suoi, i «discepoli e discepole», facendone un segno reale di misericordia nel mondo: la comunità cristiana, memoria viva della sua presenza. L’Enciclica presenta con una bellezza suggestiva gli incontri evangelici dell’adultera, del cieco, dei pubblicani che mangiano e bevono con Cristo e delle moltitudini che in lui sentono vicina la salvezza, l’abbraccio al cuore.
Anche chi non è credente o praticante non può ignorare le esigenze vere del cuore, di un amore, di un amore sino alla fine. Il Papa fa a tutti un invito: «Andiamo al Cuore di Cristo … che è una fornace ardente di amore divino e umano ed è la massima pienezza che possa raggiungere l’essere umano» (n. 30). Lungi dall’essere un’Enciclica intimista questa Enciclica indica la fonte che può irrorare i deserti dell’esistenza e rispondere al desiderio di una vita abbracciata e piena, non per alcuni, ma per tutti. In questa società segnata da terrificanti femminicidi, da adolescenti che uccidono i loro coetanei siamo di fronte a una possibilità ragionevole di passaggio da una vita come dominio e possesso dell’altro a una vita come dono. Questa Enciclica è una sintesi del messaggio di Papa Francesco perché presenta la fonte di tutto l’impegno per la pace , per la giustizia sociale, e per la cura della casa comune.