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Basta spot elettorali: all’Italia (e alla Puglia) i migranti servono

 
Danilo Lupo

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Danilo Lupo

Basta spot elettorali: all’Italia (e alla Puglia) i migranti servono

«Chi raccoglierà le nostre olive?» ha chiesto giovedì scorso il primo ministro greco al Financial Times

Domenica 20 Ottobre 2024, 13:19

«Chi raccoglierà le nostre olive?» ha chiesto giovedì scorso il primo ministro greco al Financial Times. Il giornale inglese aveva chiesto a Kyriakos Mitsotakis un parere sull’ormai famoso accordo Italia-Albania che prevede di delocalizzare dall’altra parte dell’Adriatico la detenzione dei migranti che fanno richiesta di asilo nel nostro Paese.

Il protocollo Italia-Albania era stato giuridicamente smontato già il 4 ottobre, data nella quale la Corte Europea aveva emesso una pronuncia a cui le magistrature nazionali, compresa quella italiana, sono costrette a conformarsi. Ma il premier greco ha dato una risposta politica, non giuridica, che ci tocca da vicino. «Chi raccoglierà le nostre olive? Siamo un continente che si sta restringendo e tutti riconosciamo che per mantenere la nostra produttività avremo bisogno di manodopera, non qualificata o qualificata» sono state le sue parole.

Togliete la parola «olive» (che anche a causa della Xylella sono drammaticamente diminuite) e sostituitela con uva, pomodori, ciliege, mandorle. Oppure pensate all’allevamento, ma anche all’industria pesante, ai lavori di cura, al trasporto delle merci. È la domanda che dovrebbe porsi il sud agricolo e turistico, come se la sta ponendo il nord industriale e dei servizi. Una parte del mondo produttivo lo sta già facendo: nei giorni scorsi è stata Coldiretti Puglia (organizzazione da sempre filogovernativa, qualunque sia il governo) a dire che servono più migranti, non meno. Su 108mila persone che lavorano nell’agricoltura pugliese, 37mila sono straniere; eppure gli imprenditori calcolano di aver bisogno di almeno altri 10mila lavoratori che non trovano. E che non riescono a trovare «anche per alcune lacune nell’attuale normativa, a partire dal meccanismo del click day, con poche quote e non tempestive rispetto alle esigenze di stagionalità del settore agricolo. Capita spesso, infatti, che il lavoratore arrivi quando le attività di raccolta per le quali era stato chiamato sono già terminate» spiegano dall’organizzazione dei coltivatori.

Il riferimento è al decreto flussi, che annualmente decide quanti migranti regolari possono entrare in Italia per lavorare. E poi assegna i posti tramite una surreale lotteria informatica in cui l’imprenditore chiama il lavoratore mentre teoricamente è ancora nel Paese straniero; dopo di che carica la domanda on line, sperando di rientrare nel numero limitato deciso a Roma. Un meccanismo farraginoso che le imprese disoneste saltano a piè pari facendo ricorso al lavoro nero e allo sfruttamento. Ma che alla fine dei conti pone anche le imprese oneste davanti a una alternativa: lasciare marcire il frutto nei campi oppure impiegare manodopera irregolare.

Questi problemi giganteschi rischiano di aggravarsi sempre di più in un Paese come l’Italia che tende a invecchiare, a fare pochi figli e a far studiare i pochi che ci sono. Eppure negli ultimi giorni non abbiamo assistito a un dibattito per risolverli ma a un surreale balletto in cui dodici poveracci, provenienti da Bangladesh e Egitto, venivano catturati in acque internazionali, caricati a bordo di una nave lunga 81 metri con 60 uomini di equipaggio, portati dall’altra parte dell’Adriatico all’interno di campi di detenzione costruiti per l’occasione e sorvegliati da un centinaio di uomini delle forze dell’ordine. E poi, poche ore dopo, la magistratura italiana ha decretato che il balletto in questione era illegale e che i dodici poveracci dovevano essere riportati in Italia, dove avrebbero dovuto aspettare l’esito della loro domanda di asilo. Cosa che è puntualmente successa con una nave della marina militare italiana che è partita dall’Italia, è approdata in Albania e ha trasbordato a Bari i dodici poveracci. Il più costoso (e peggio riuscito) spot elettorale che si ricordi. E sarebbe perfino comico se non ci fossero di mezzo le tasche dei contribuenti e la pelle di esseri umani che sono partiti anche due o tre anni fa dai loro Paesi di origine per raggiungere l’Europa.

Il nostro continente, la nostra nazione e anche la nostra Regione si devono porre il problema di come far entrare legalmente le persone di cui abbiamo bisogno nei confini europei, italiani, pugliesi. Altrimenti entreranno lo stesso, e lo faranno da irregolari: cioè nella condizione ideale per essere sfruttati. Avere lavoratori stranieri regolari, inoltre, è un vantaggio anche per noi italiani: perché chi è regolare non vive nei ghetti, manda i propri figli a scuola, versa le tasse che pagano i nostri ospedali e i contributi che alimentano le nostre pensioni, in una parola si integra meglio e contribuisce di più al benessere collettivo.

È un problema concreto che non va affrontato con l’ideologia ma con il buon senso e che si potrebbe sintetizzare ancora una volta con le parole con le quali il premier greco Mitsotakis, un conservatore di centrodestra, conclude la sua intervista al Financial Times: «Se vuoi costruire un grande muro, hai anche bisogno di una grande porta». Per ora il governo italiano ha dimostrato di non saper costruire né muri né porte ma solo un meccanismo costosissimo che si è sfaldato alla prova dei fatti.

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