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Nel mondo materialista torniamo a scoprire il valore dei «classici»

 
Alessandra Peluso

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Alessandra Peluso

Nel mondo materialista torniamo a scoprire il valore dei «classici»

La letteratura ha a che fare, in un modo o nell’altro, con ciò che ciascuno di noi desidera dalla vita, poiché entra in un rapporto intimo con la nostra esistenza concreta

Domenica 11 Agosto 2024, 15:45

«Spesso nella noia delle vacanze, nel caldo e nella solitudine di alcuni quartieri deserti, trovare un buon libro da leggere diventa un’oasi che ci allontana da altre scelte che non ci fanno bene. […]. La letteratura ha così a che fare, in un modo o nell’altro, con ciò che ciascuno di noi desidera dalla vita, poiché entra in un rapporto intimo con la nostra esistenza concreta, con le sue tensioni essenziali, con i suoi desideri e i suoi significati». Quanta verità contenuta nella «Lettera» pubblicata il 4 agosto da Papa Francesco «sul ruolo della letteratura nella formazione».

Si tratta sicuramente di qualcosa di sbalorditivo per alcuni parlare in un’estate dove il corpo cerca refrigerio, l’anima divertissement, per i più, mentre i pochi restano ingabbiati dall’indifferenza della società, nella solitudine, declinando qualsiasi possibilità di scelta. In una stagione così particolareggiata come l’estate di amene distrazioni affrontare il tema della lettura di romanzi e di poesie, sulla cui essenzialità la scuola sembra abbia abbandonato gli ormeggi, è un atto coraggioso. Eppure il valore salvifico che possiede la letteratura è evidente.

Che una figura estremamente centrale come il Papa abbia dedicato attenzione alla letteratura è di rilievo per diversi aspetti: in qualche modo si riapre il celeberrimo rapporto «ragione e fede» che nella storia ha prodotto scontri non solo dialettici, ma ciò che è importante qui sottolineare è la riflessione sul ruolo della lettura della poesia, scomparsa come pratica perfino dagli istituti scolastici. Negli anni passati già negli indirizzi primari i bambini si esercitavano a imparare a memoria le poesie perché necessario per garantire il buon uso di tale facoltà, per arricchire il proprio bagaglio culturale; in alcuni casi si imparavano a memoria i versi dell’Eneide di Virgilio, de La Divina Commedia del Sommo Dante o de I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Un tempo. Oggi tutto ciò appare vetusto: gli insegnanti si dimostrano rassegnati all’inutilità di tale significato esperienziale e gli allievi rispondono che oramai c’è la tecnologia a far tutto. Imparare non serve più. Pensano. Non tutti. Occorre precisarlo. Ma se il Santo Padre richiama i fedeli (e non) a dedicare del tempo alla lettura dei classici contrassegna una carenza primaria nella vita individuale e sociale di ciascuno. In una società materialista, dedita alla quantità, centrata solo su ciò che è visibile agli occhi, Papa Francesco con le sue parole amorevoli e incisive richiama alla spiritualità, al significato autentico dell’umano: la conoscenza, la formazione, necessarie per conoscere sé stessi, per assaporare la presenza dell’alterità, per amarsi e amare senza pre-giudizi.

Tuttavia, con sorpresa si scopre che oltre ai soggetti di formazione coinvolti la poesia è presente. (Non indaghiamo se la questione sia indirizzata verso la poesia o la spettacolarizzazione del Sé-Narciso).

In terra salentina, in Puglia, nel resto d’Italia pullulano incontri di lettura (i cosiddetti reading) di poeti dove si tenta di conciliare natura e poesia. Si organizzano festival, si elargiscono premi; insomma, sembra che qualcuno sappia che questa pur non vedendola esiste ed è difficile farne a meno. Ma la necessità della lettura attenta e lenta come raccomanda Nietzsche, ponendo alla periferia se stessi e concentrandosi sulla parola dell’altro quanto si sappia essere fondamentale per la propria crescita? Chi è disposto ad accettare di leggere poesia, letteratura e confrontarsi tra saperi in un abbraccio inclusivo tessuto di significati e significanti, animato da una vorace voglia di sapere?

Ciò che il Papa evidenzia nella Lettera è giustappunto la funzione formativa che la poesia possa disvelare, così come il complesso e vasto mondo della letteratura. Leggiamo: è una «palestra di discernimento, che affina le capacità sapienziali di scrutinio interiore ed esteriore del futuro sacerdote. Il luogo nel quale si apre questa via di accesso alla propria verità è l’interiorità del lettore, implicato direttamente nel processo della lettura. Ecco dunque dispiegarsi lo scenario del discernimento spirituale personale dove non mancheranno le angosce e persino le crisi. Infatti, sono numerose le pagine letterarie che possono rispondere alla definizione ignaziana di “desolazione”». La letteratura educa non soltanto chi persegue un percorso religioso, ma anche colui che segue il tragitto della vita, che compie il «viaggio» con coscienza e consapevolezza. Che meraviglia! Comprendere la necessità della letteratura significa carpire per quel che è possibile il senso della vita, imparare a tessere le relazioni, ad ascoltare l’altro, forse anche a saper comunicare rivolgendo cura alla parola da dire e a quella da non dire. Leggere per soffermarsi sulle virgole e gli accenti, riflettere sui tipi dell’umano manifesti nello scenario delle esistenze, capirne i drammi, le tragicità, riconoscere le proprie. Ecco il ruolo della lettura che verte sui classici come Celan, Eliot, o Proust, nella formazione di ciascun individuo. Se anche la politica si preoccupasse di assolvere tale compito sarebbe un salto in alto da oro alle Olimpiadi; d’altronde, scrive Celan: «Chi impara realmente a vedere, si avvicina all’invisibile». Occorre puntare sull’invisibile, sui valori che contano davvero, visto che di «cose» ne siamo dentro fino al collo.

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