Ma i convegni internazionali che si tengono alla periferia dell’impero che influenza hanno su quest’ultima? Non saranno solo occasioni per i grandi del pianeta di trovare paesaggi, alimentazioni e misure umane differenti dal blob di una globalizzazione che peraltro sembra esaurita dopo l’incedere della terza guerra mondiale a puntate (cfr. le parole di Papa Francesco)? Di staccare dalle geometrie architettoniche fredde e astratte come i loro effettivi risultati, per esempio, del Palazzo di Vetro dell’Onu, a New York, del Quartier européen, a Bruxelles, e dell’Europarlamento, a Strasburgo? Non costituiranno pause di esotismo provinciale, degli sguardi svagati dell’esploratore disincantato della realtà che Charles Baudelaire definì flâneur? Cui si accompagna la consueta kermesse mediatica che dura fino al termine dei lavori e poi si sposta altrove, al seguito di una casta mutevole al ritmo dei capovolgimenti elettorali?
Nel caso del G7 pugliese, la regione non ha certo bisogno di eventi di questa levatura per acquisire notorietà. Beneficia di un boom turistico permanente e in crescita, della presenza di personalità del calibro di Helen Mirren insieme al marito Taylor Hackford, Ron Moss e Francis Ford Coppola. E sul versante dello spettacolo, contribuisce egregiamente l’Apulia Film Commission, calamita produzioni cinematografiche e televisive di successo.
Sull’altra faccia della medaglia, imperversano le recenti inchieste giudiziarie, le criminalità organizzate locali, dalla Società foggiana alla Sacra Corona Unita, passando per la mafia Garganica, e non ultima la Xylella. Fattori opposti, che comunque sommati garantiscono un flusso di comunicazione pressoché ininterrotto.
Il dark side consiste in una serie ben precisa di problemi, che invece di guadagnare evidenza sul fondale del G7 vengono oscurati da réportage formato cartolina, interviste ai maghi della cucina regionale, risalto agli sviluppi tecnologici, alle start-up. Un panorama fuorviante per chi non conosce il territorio. Specialmente se si tratta di leader che appartengono a civiltà, latitudini diverse e contesti imparagonabili.
Di fatto, la Puglia è una porzione di Sud oggettivamente avanzata rispetto ai punti critici di una questione meridionale per nulla esaurita. Il che però non esclude il rischio di un assestamento sul folclore, sul costume, su una sorta di campionario d’interesse antropologico alla De Martino, valido sul piano culturale ma poco applicabile alle necessità di un’omologazione del Paese che ancora tarda e forse verrà definitivamente compromessa dall’autonomia differenziata.
Peraltro, la Puglia è dotata fin dall’antichità di legami viari con il resto del mondo. Si ricordi che qui fa capolinea l’Appia e scorre l’Egnazia.
I politici italiani che hanno già avviato la passerella da queste parti, anziché riprendere a fini autoreferenziali formule di elogio delle bellezze del posto, di cui chi ci vive non ha ulteriore bisogno, farebbero bene a (ri)leggere Democratic Ideals and Reality, breviario geopolitico di Halford J. Mackinder.
L’autore, un accademico inglese dalle molteplici competenze, lo scrisse nel 1919, all’indomani di quell’apocalisse continentale che fu la Grande Guerra. È un testo che traccia alla perfezione la mappa del presente, con un assunto: la chiave della stabilità e dunque della pace sta nel controllo dell’Heart-Land, la massa continentale dell’Eurasia, che oggi si contendono gli Stati Uniti e la Russia di Putin, a scapito di un aggregato fragile e indistinto che si chiama Unione Europea.
Un lotta che non si risolve con le vetrine degli incontri diplomatici. Semmai questi ultimi dovrebbero calare i padroni delle ferriere nelle realtà separate, da dove si può partire con un autentico ricompattamento delle comunità, iniziando dalla soluzione di tematiche immediate.
Altrimenti succede come a L’Aquila, dove il G8 di Berlusconi non influì sullo stato delle cose, e a tutt’oggi nel capoluogo dell’Abruzzo non si scorge una vera ricostruzione. Rimangono rovine.