Che spettacolo questo «nuovo» Tribunale penale di Poggiofranco dove, a distanza di poche ore, varcano la soglia persone la cui storia (umana, professionale, civile) è divisa da oceani, abissi, profondità, storie. Un «nuovo Tribunale», in attesa della Cittadella della Giustizia, lontano da quel Tribunale civile di piazza De Nicola dove prima era «incastrato» il penale e dove ancora campeggia la statua della Giustizia, con tanto di spada e indice verso il basso, a vigilare - avvolta nella fuliggine del tempo - sui destini dei baresi.
Un anziano gracile, piegato dagli anni e dal corpo che si disfa, varca per primo, sorretto da un bastone, la soglia di via Nazariantz: è Luciano Canfora, filologo di fama internazionale, punto di riferimento per chiunque con i calzoni corti abbia avuto la fortuna di studiare nell’Università di Bari degli anni ’80-90, quando era un centro di saperi dove - quasi per miracolo - si erano radunati i maggiori esperti della letteratura, della scienza e del diritto al punto da farla diventare un baricentro nazionale dell’intellighenzia italiana.
Poche ore dopo, da quelle «sliding doors» di Poggiofranco, passa Alfonso Pisicchio, accusato di truffa, turbativa d’asta e corruzione a favore di amici e familiari in virtù di un ruolo amministrativo conquistato negli anni col consenso politico. Insomma, prima le idee, giuste o sbagliate che siano e che - nella forma e nella sostanza - possono diventare reati. Poi, gli affari col vestito della politica. E poco ci è mancato che ad accompagnare entrambi attraverso le porte girevoli, chiamati dinanzi alla Giustizia per questioni diametralmente opposte tra loro - l’abisso di cui dicevamo - non ci fosse lo stesso penalista, Michele Laforgia. Anche lui apprezzato, riconosciuto e richiesto professionista, lì sotto i riflettori non solo nelle vesti di penalista ma, soprattutto, di candidato sindaco di una città un tempo nota per l’Università di cui sopra e oggi, in tutta Italia, assurta ai titoli nazionali per le «mazzette» e gli affari che vedono a braccetto le votazioni e i clan criminali e che hanno falcidiato mezzo mondo politico.
Ecco, un bravo sceneggiatore avrebbe potuto scriverci su un film, magari non di successo come il già citato Sliding doors ma efficace quanto basta. Lo ricordate? Le due vite di Helen (una splendida Gwineth Paltrow) si sdoppiano davanti alla porta scorrevole di una metro e prendono due strade (vite, amori, pericoli) diverse tra loro. C’è sempre lei nelle «due vite». Come Laforgia: da una porta del tribunale penale difensore dell’intellettuale, «reo» di aver definito «neonazista nell’animo» la premier Meloni; dall’altra difensore di Pisicchio, almeno fino a pochi giorni orsono, quando ha annunciato di aver rinunciato all’incarico assegnatogli dopo l’apertura di un’indagine nel 2020. Alfonsino il presidente della Regione Emiliano, che lo ha avuto assessore in passato, lo chiama «professor» Pisicchio. E probabilmente lo sarà, professore, come il professor Canfora. Ma a noi, umili cittadini e osservatori di una storia beffarda, sapere che dalle «sliding doors» ci stanno passando due «professori» così diversi tra loro, non può non colpirci.
Uno, rannicchiato sul bastone, a difendere le idee, i principi (giusti o sbagliati che siano), i diritti costituzionali sulla libertà di pensiero (l’art. 21 della Costituzione) che si fermano - e il Tribunale ha stabilito che sia così, rinviandolo a giudizio - di fronte al reato della diffamazione. Poi l’altro, il professore-leader di «Senso civico», movimento politico afferente al centrosinistra (ma che aveva già preannunciato di guardare pure a destra, se non fossero state soddisfatte le «aspettative»), nato come cartello elettorale a sostegno di Emiliano governatore - dopo l’esperienza barese di «Iniziativa democratica» - e poi diventato partito di tutto rispetto, in quanto portatore di quasi 70mila voti alle ultime Regionali (insufficienti a far assegnare a Pisicchio un seggio in Consiglio regionale, ma quanto basta per avere una voce di peso nella coalizione). Un peso, come si è visto, che questi movimenti civici (come il «Sud al centro» di Maurodinoia-Cataldo) hanno rivendicato nei ranghi dell’esecutivo regionale e degli enti pubblici finché Minerva non ha calato la spada.
Per carità, è politica anche questa - come quella di Canfora e di qualsiasi cittadino italiano - ma quanta differenza tra le conseguenza di quei principi (una premier offesa) e quelle di un’inchiesta della Procura che - tra le altre cose - tira fuori pure 60mila euro nascosti dai familiari nelle buste d’immondizia.
I due professori, come dicevamo, hanno «rischiato» di avere l’assistenza penale dello stesso, indiscutibilmente valido, professionista che ieri ha accompagnato il vecchio intellettuale e che nel 2020 seguiva le vicende del leader di Senso civico. Con l’inghippo che quel professionista, nel frattempo, è diventato candidato sindaco dello stesso centrosinistra alla cui ombra, si presume, Pisicchio avrebbe commesso le imputazioni da cui deve difendersi e l’intellettuale Canfora si è «arrogato il diritto» di appellare come neonazista la premier.
Porte girevoli, questioni abissalmente diverse, stesso luogo e personaggi che entrano ed escono nella città «sorvegliata» dallo sguardo severo della bronzea Minerva: se non fosse un film sarebbe una piéce di Goldoni. Una commedia amara.