Pasquale Pellicani, professore di Diritto presso l’Istituto Romanazzi di Bari, si è visto all’improvviso sparare al petto da un suo studente. Pistola a pallini, ovvero un’arma giocattolo; spavento breve, il tempo di pochi attimi, ma in quegli attimi, lo stesso un forte panico, di quelli che lasciano addosso tremore e sconcerto fortissimo, addosso, a lungo. Quel genere di terrore di quando ogni nostra aspettativa rispetto alla realtà viene disattesa in una manciata di secondi. E tutto all’improvviso sfugge al nostro controllo, perché l’altro (o gli altri) che ci sono vicino non si comportano come convenzioni sociali vorrebbero, e come noi avremmo normalmente supposto. Non come tutto avrebbe lasciato credere, invece in modo impulsivo, dissennato, incomprensibile.
Baratro pedagogico, dilemma necessario la questione di come punire un ragazzo che frequenta la scuola e che si sia comportato così, con tanta assurda e gratuita e beffarda violenza nei riguardi di un adulto suo professore. Ma la questione più ampia è il valore sintomatico di episodi del genere (ormai se ne contano diversi), esplosioni di violenza simulata o reale, in ogni caso indebita, verso adulti che stanno a rappresentare l’autorevolezza dell’autorità - il «corpo insegnante», che in senso letterale e subito poi traslato diviene corpo da colpire, bersaglio di un disagio psicologico evidente.
Sintomatico, sia l’episodio che il comportamento: perché l’agire imprevedibile di quel ragazzo, e di parecchi altri casi non molto diversi, descrive un genere di caos che non è legittimo ascrivere a una fascia anagrafica soltanto, a una generazione esclusivamente. Piuttosto, una dissennatezza che ci riguarda tutti, e tutti ci minaccia. Dissennatezza che c’è sempre stata , si potrebbe dire; eppure più di prima si ha la sensazione che quel caos sia possibile, pericolosamente contiguo alle nostre vite. A un passo da noi. Adolescente tanto quanto adulto, un certo agire, inconsulto, illogico, non comprensibile. E in questa sua identità «trans-generazionale», ovvero più diffusa e capillare, agire più inquietante. Molti, sempre più comportamenti altrui ci sfuggono, e poco riusciamo a controllarli e comprenderli. I giornali sono fitti di notizie gravi provocate da agire irrazionale, assurdo, del tutto imprevisto, inimmaginabile. Lì anche, certo, così è sempre stato. Non fosse che oggi si aggiunge un paradosso. Perché l’imprevedibilità di certe reazioni ci fa ancor più paura se paragonata al nostro interrotto monitorare la realtà, con computer, social, informazione online, ora anche con l’intelligenza artificiale. Il contrasto tra il nostro illuderci di tutto controllare e l’incontrollabilità dei comportamenti altrui, è patente, ed è divario incommensurabile. Come prevedere i gesti altrui, se il mondo virtuale a macchia d’olio invade quello reale, e i neuroni di tanti (individui, paradigmi, persino valori) sembrano alterati, e tutto a guardar bene non si capisce più, molte volte non lo si afferra proprio, o quasi per nulla? Stare al mondo, in mezzo agli altri, è fonte di un’inquietudine sottile quotidiana; perché sempre più spesso abbiamo la sensazione che possa succedere tutto, di tutto. Che dagli altri possiamo ricevere gesti di ogni sorta. Perché l’imprevedibilità è all’ordine del giorno. Perché i comportamenti degli altri sono cambiati, meno prossimi a noi di quanto non fosse. La scuola ha tanto da fare e tantissimo da insegnare: fuor di dubbio. Il lavoro didattico e pedagogico con le generazioni più giovani è molto, moltissimo, e dovrebbe e dovrà in modo osmotico definirsi in funzione della realtà, delle trasformazioni del mondo. Tenendo presente però che più di prima le generazioni sono contigue, conoscono stesso caos, stessa contraddizione tra un’ossessiva, ininterrotta decodificazione del mondo attraverso gli strumenti tecnologici, e per contro una progressiva, entropica incontrollabilità e imprevedibilità dei comportamenti umani. Comportamenti di tutti, giovani e meno giovani. Saperlo è un punto di partenza per non crollare sotto il peso di un disorientamento in cerca di definizioni che non sono a portata, perché vanno reinventate di nuovo, mossi dalla consapevolezza di una confusione crescente, e che ci riguarda ognuno. Da molto vicino.