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Il rito di massa della villeggiatura ha dato spunti a letteratura e cinema

 
Enzo Verrengia

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Enzo Verrengia

Il rito di massa della villeggiatura ha dato spunti a letteratura e cinema

Prima di Flaiano, Edmond Haracourt ammoniva: «Partire è un po’ morire»

Lunedì 07 Agosto 2023, 12:50

E la chiamano estate? Lo sfogo di Chiara Gamberale, bloccata in aeroporto, contro le compagnie low coast è la reazione inevitabile all’imperversare del rito selvaggio di massa una volta chiamato vacanza. Va peggio a Catania, dove l’incendio dello scalo recide un’essenziale infrastruttura di comunicazione. A conferma dell’ennesimo aforisma profetico di Ennio Flaiano: «Ci sono molti modi di arrivare, il migliore è di non partire». E già che la sua natia Pescara, dilatata e nel contempo ingolfata per il solito paradosso dello sviluppo, ha una rete viaria poco agevole, che non regge il traffico dei residenti, figurarsi quello accresciuto dal turismo.

Le alte temperature innescano la polemica subito accanita fra catastrofisti e negazionisti climatici, i secondi paragonati ai no vax. Esplodono le proteste contro il caro prezzi sulle spiagge. Vi si aggiunge la casistica sempre più numerosa di vittime da sovraffollamento balneare. Ne ha fatto le spese al largo di Amalfi, nelle acque del Fiordo di Furore, la quarantacinquenne newyorkese Adrienne Vaughan, presidente della Bloomsbury USA, la sussidiaria americana della casa editrice che pubblica i romanzi della serie di Harry Potter. Ancora, a Napoli, l’aliscafo Alilaura, diretto a Ischia, impatta contro il molo San Vincenzo e molti passeggeri riportano ferite. Prima di Flaiano, Edmond Haracourt ammoniva: «Partire è un po’ morire».

Non serve arrivare ad agosto. Ogni ponte, nel senso metaforico, viene attraversato, non metaforicamente, da milioni di auto, molte delle quali non arriveranno a destinazione. Jean-Luc Godard ne ricavò una parabola atroce in Weekend - Un uomo e una donna da sabato a domenica (1967), con gitaioli di fine settimana presi in una coda interminabile si trasformano in belve, con episodi di cannibalismo. Poco meno di quanto avviene ne L’ingorgo (1979), di Luigi Comencini.

Tempo fa l’ACI propose il numero chiuso: concedere una nuova immatricolazione solo a fronte di una corrispettiva rottamazione.

Bisognerebbe ripensare la vacanza, per affrontarla con lo spirito giusto, adeguarla ai propri bisogni più autentici, immunizzandosi da quelle che Goldoni definì anzitempo le smanie per la villeggiatura. Si consideri, peraltro, che le ferie di massa sono una pratica dei tempi recenti. Nel passato solo l’aristocrazia poteva permettersi residenze estive, e fino agli anni ‘20 del secolo scorso i bagni di mare erano prerogativa della classe agiata, che trasformò cittadine costiere suggestive ma desolate in teatri di mondanità.

In Foglie secche, di Aldous Huxley, pubblicato nel 1925, una sottospecie di umanità inglese si assembra entro le mura di una castello di proprietà dei Malaspina, sulla costa della Versilia. La cornice vacanziera non si risolve in autentica baraonda, pure si accendono gli incroci di psicologie e sentimenti fomentati dal sole tirrenico.

Apparenza altrettanto rarefatta in Tenera è la notte, il capolavoro di Francis Scott Fitzgerald, apparso nel 1934, che però nasconde sotto traccia l’autobiografia dell’autodistruzione dello scrittore e della moglie Zelda, sulla Costa Azzurra.

In ambedue le opere, malgrado il tono rattenuto nelle posture dei protagonisti, si palesa di netto il degenerare della vacanza, che diviene crisi comportamentale di gruppo.

Un anticipo del presente si ebbe quando nel ventennio il regime attivò i “treni popolari”, che partivano in piena notte dall’entroterra per i litorali italioti dalle parvenze esotiche agli occhi della gente di paese.

Nel secondo dopoguerra arrivano le orde e la pausa dalla quotidianità lavorativa acquisisce le parvenze di baccanali aggiornati all’età contemporanea. Il sorpasso, diretto da Mario Monicelli nel 1962, è l’epitaffio premonitore della società opulenta, dedita alla velocità gratuita e, infine, suicida, visto che ad incitare lo spregiudicato Bruno Cortona (Vittorio Gassman) si erge proprio il mite e schivo Roberto Mariani (Jean-Louis Trintignant), perduti i freni inibitori e voglioso di partecipare alle vacanze selvagge.

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