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Addio vacanze serene: troppi «nuvoloni» sull’estate italiana

 
Gino Dato

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Gino Dato

Addio vacanze serene: troppi «nuvoloni» sull’estate italiana

Rallenta la crescita italiana, nonostante l’inflazione freni, si oscura quello spicchio di orizzonte che il Reddito di cittadinanza lasciava intravedere a pochi, salgono per tutti il costo della vita, le tariffe dei servizi turistici, i carburanti

Giovedì 03 Agosto 2023, 12:59

Rallenta la crescita italiana, nonostante l’inflazione freni, si oscura quello spicchio di orizzonte che il Reddito di cittadinanza lasciava intravedere a pochi, salgono per tutti il costo della vita, le tariffe dei servizi turistici, i carburanti. In una parola, s’inceppa l’estate italiana e con essa lo spettacolo e la gente.

La stagione delle angurie fresche e delle brezze serali, la vacanza dai pensieri che rimandava di circa un mese le questioni sul tappeto, sono già alle nostre spalle, minacce scaricate e vissute, nonostante sia appena cominciato il mese della sarabanda sotto il sole.

Come se un folletto dispettoso, proprio nel bel mezzo della festa, giochi ad anticiparci e a prefigurare quello che potrebbe accadere: povertà delle famiglie, tensioni e scontri sociali, incertezza e difficoltà a guardare il futuro, scenari molteplici e noti.

Un tempo, quando non si temeva il caso, c’era il rispetto per la successione delle stagioni e la sintonia dei movimenti. Quello che doveva accadere era di là da venire, collocato nel futuro, non era anticipato.

Per una ironia della storia non riusciamo più a prevedere quello che accadrà, tempeste governano tempo e ambiente ma nuvoloni incombono anche sul sociale, perché il futuro rimane immanente come un sudario che si disfa su di noi minuto dopo minuto.

Nonostante gli strumenti a disposizione, il serial meteorologico che si dipana nei diversi canali tv, restiamo quindi appesi a un domani che puntualmente prende un altro corso, si sfilaccia in rivoli. Basta ripercorrere le cronache dei giorni scorsi per averne una conferma.

L’arte di prevedere non riesce a esercitarsi sull’imprevedibile, che si scatena lasciandoci affranti e distrutti.

In questo crepuscolo dell’intelligenza spiazza di più l’ottundersi della capacità di reagire. Restiamo attoniti, come pugili ripetutamente atterrati, che siano i disastri ambientali o quelli orditi dall’uomo ad abbatterci. Il chiacchiericcio non conclusivo si avventa sulla babele di pannicelli caldi e sulla mala genìa delle talpe sempre vigili ad approfittare dei provvedimenti a pioggia.

Insomma, il cambiamento meteorologico fa la sua parte ma anche la mutazione transumana continua il suo percorso. Delitti efferati impensabili, che si mescolano allo stillicidio dei femminicidi, scorrono davanti ai nostri occhi come un film la cui trama già conosciamo, per cui non ci disturba più di tanto. Ma, accanto all’affievolirsi di una coscienza critica, di una vigilanza civile, la grande ombra che si innalza è la perdita della libertà di movimento.

Tutto negli ultimi anni ha congiurato per ridurci in catene, dalla grande pandemia alla nuova grande guerra, dalla crisi morale a quella economica, che minano la nostra coscienza ma soprattutto limitano gli spazi fisici di movimento. Ai ponti si sostituiscono le barriere, al benessere le difficoltà e il dolore di muoversi per vivere, che si manifesta nel caro vita e inscena la commedia dei carburanti con una regolarità ferragostana che lascia basiti.

Sì, proprio così, non siamo più liberi di muoverci e a impantanarci è la mutazione che non sa dove ci porta, ma comunque ci blocca con le evenienze improvvise, i pericoli del viaggio, il costo stesso del transito. E trionfa la sindrome della caverna.

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