I ricercatori del World Weather Attribution, un gruppo interuniversitario che ha studiato i cambiamenti climatici e le relazioni con gli eventi meteorologici estremi, esaminando il clima in Nord America, Europa e Cina nel mese di luglio, hanno concluso che le ondate di calore sarebbero state quasi impossibili senza i mutamenti climatici in atto. Che, in particolare, hanno reso l’ondata di calore in Cina almeno cinquanta volte più probabile.
La ricerca, a voler disambiguare il linguaggio degli scienzati, tende perciò a individuare le cause dei fenomeni ma anche gli approcci mentali. Liberando il campo da pessimismi apocalittici, così come da ogni foglia di fico. Certo, una parte dei fenomeni, con il sacrificio di vite umane ed emergenze inimmaginabili, sono del tutto repentini e non controllabili, ma per la gran parte delle manifestazioni, a cominciare dal riscaldamento, si legano in un rapporto di causa effetto con l’incoscienza - o l’insipienza? - dell’uomo.
Il rapporto condanna quindi l’uomo contemporaneo ma anche mette in evidenza un principio di speranza per la Terra di fronte a ondate di calore che «non sono la prova di un collasso climatico. Abbiamo ancora tempo per assicurarci un futuro sano e sicuro, ma dobbiamo urgentemente smettere di bruciare combustibili fossili e investire nella riduzione della nostra dipendenza da essi. Se non lo facciamo, decine di migliaia di persone continueranno a morire ogni anno per cause legate al calore. È assolutamente fondamentale che i governi legiferino sull’eliminazione graduale dei combustibili fossili alla conferenza sul clima COP di quest’anno».
E allora, se la storia e la vita si fanno con i confronti e le comparazioni, come è accaduto che in tanti anni non abbiamo capito la gravità di quanto accadeva intorno a noi? Non basta, a nostro parere, prendere a prestito le dichiarazioni pur responsabili di qualche ministro: «La forza della natura tende a sopraffare quella dell’uomo… Quello che sta accadendo al Nord ed al Sud sono le due facce di una stessa medaglia: il cambiamento climatico».
La gravità dell’inedito inferno di fuoco intorno a noi ci spinge a rinnovare e potenziare il quesito: bastano la sola combinazione di incuria e disattenzione dell’uomo e di imprevedibilità della natura a generare fenomeni così imponenti e disastrosi?
La prima risposta è che i fenomeni climatici e ambientali non sono micro o macrofenomeni facilmente misurabili, bensì mesofenomeni che avanzano con la lentezza invisibile, per fare un esempio, della erosione delle rocce e delle spiagge. Per coloro che hanno oggi 60-70 anni, le stagioni e il mondo, nonostante le catastrofi e lo sfruttamento, sono rimasti come brandelli di memoria di una condizione altra, di benessere, un quadro idilliaco turbato appena da apocalissi. Quello cui assistiamo oggi, insomma, è la sommatoria dei tanti piccoli shock, che ora segnano una evidenza percepibile.
La seconda risposta è che non siamo cresciuti in una cultura di progetti e previdenze, fortemente orientata al futuro, come è tipico di civiltà contadine, ma abbiamo poltrito in un regno del consumo nel quale passato e futuro si racchiudono in un presente che scorre senza sosta, che non ci permette di guardare avanti o indietro.
La terza risposta è che i rapporti tra politica, classi dirigenti e scienziati non sono mai stati idilliaci, negando a questi ultimi quella fiducia e attenzione delle opinioni pubbliche di cui hanno bisogno per armare il pensiero del Paese di una forte componente di guida e saggezza previsionali.
Attendiamo una armonica sintesi di lungimiranza e amore per la vita.