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Il Pnrr e l’inutile sfida a chi corre più veloce, ma per quali risultati?

 
Bepi Martellotta

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Bepi Martellotta

Il Pnrr e l’inutile sfida a chi corre più veloce, ma per quali risultati?

Certo, stare dietro a 55 obiettivi da realizzare per ottenere 19 miliardi di terza tranche - ancora attesa - non è facile, figuriamoci mettersi a lavorare già sul cambiamento della quarta rata, per evitare all’ultimo il semaforo rosso di Bruxelles

Giovedì 13 Luglio 2023, 14:00

Pnrr, lo pronunci o senti dire ogni giorno e non sai mai, davvero che cosa significhi. Sì, «Piano nazionale di ripresa e resilienza» (il significato dell’acronimo), ma che vuol dire veramente? Che non ci saranno più barconi di poveri migranti che muoiono sulle nostre spiagge? Che in Italia 7 milioni e mezzo di famiglie con reddito Isee da povertà la smetteranno di fare la fame, con o senza una social card da 380 euro con cui fare la spesa per un anno? Che il Bari-Napoli andrà davvero a doppia velocità e non ci metterà più di un autobus per collegare le due città? O che i consorzi di bonifica daranno finalmente da bere agli agricoltori, invece di dar da mangiare a qualcun altro?

Ancora, che i pronto soccorso pugliesi pulluleranno di operatori sanitari anche durante i periodi delle ferie estive, non lasciando anziani devastati dal caldo a morire su una sedia in sala d'attesa o non morendo loro stessi di infarto per i turni massacranti? Insomma, che cosa vuol dire davvero questa pioggia di miliardi di euro divisa in rate e della quale tutti parlano come fosse il sol dell'avvenire, ma nessuno spiega davvero quando, come e in cosa si tradurrà?

Ebbene, a giudicare dalle procedure seguite sinora, sembra di stare ora su un «traballero» da parco giochi, ora su una pista di go kart dove bisogna accelerare in curva. Con cambio di nomi ai progetti, piuttosto che fonti di finanziamento alternative, per non incappare nella bocciatura della Commissione Ue. E correre, correre, correre, altrimenti arriva la scadenza e tanti saluti.

Certo, stare dietro a 55 obiettivi da realizzare per ottenere 19 miliardi di terza tranche - ancora attesa - non è facile, figuriamoci mettersi a lavorare già sul cambiamento della quarta rata, per evitare all’ultimo il semaforo rosso di Bruxelles.

Ancora più difficile è sperare che la macchinosa pubblica amministrazione italiana - fatta di bolli, timbri, autorizzazioni, contenziosi, controlli anti-corruzione, negoziati tra enti locali e Stato, conflitti di competenze e chi più ne ha più ne metta - possa darsi un’accelerata tale da consentire che quei progetti diventino realtà in tempi brevi. Ecco perché risulta utile quel pizzico di pragmatismo, di visione concreta delle cose che servono. Utile a superare l’ottimismo della volontà, l’Italia immaginata e futura che non arriva mai, il riscatto del Sud e l’economia-locomotiva che traina tutti con sé, da così tanto tempo vagheggiate. Insomma, risulta utile per dare un contenuto, un signifcato quell’acronimo che tutti pronunciano.

Al ministro Fitto si possono imputare tanti difetti, certo non quello di non essere pragmatico. Concetto che, ci pare, vale anche per il presidente di Confindustria Bonomi. I due si sono incontrati ieri a Bari per l’assemblea annuale della Confindustria barese e, in mezzo alla valanga di chiacchiere con cui sono stati riempiti i giornali in questi mesi sul Pnrr, almeno qualche messaggio concreto lo hanno dato. Il leader degli industriali, ad esempio, ci ha ricordato che sinora il fiume dei finanziamenti europei è finito nei mille rivoli delle sagre di paese e dei mercatini estivi, con i progettini da mille euro dei mille «campanili» italiani: ognuno a tirare per sé, salvo poi lamentarsi del fatto che portare le mozzarelle di bufala da Caserta a Milano costa il triplo rispetto al viaggio che ogni giorno deve fare il formaggio Brie da Lille a Tolosa, tra nord e sud della Francia.

Il ministro dal canto suo, reduce dai veleni che arrivano dall’opposizione sui presunti ritardi del Pnrr e il possibile niet dell’Ue all’erogazione dell’attesa rata, ha ricordato che la parcellizzazione di quei fondi non porta da nessuna parte. Cioè, all’incasso ci vai lo stesso con l’Ue ma sono i risultati strategici che non ottieni.

Ecco, quantomeno si comincia a parlare di come spendere queste risorse magiche che, prima o poi, arriveranno e, magari, si materializzeranno in qualcosa di concreto. Perché sinora, invece, è sembrato che sul Pnrr andasse in scena solo la sfida a chi è più bravo nel salto ad ostacoli o nella corsa sui 200 metri. «Prima sono arrivato io, poi i ministeri» dicono i sindaci. «Prima sono arrivato io, poi i sindaci» dicono i ministri. «Correre per arrivare dove?» si chiedono gli attoniti cittadini che ogni giorno leggono quell’acronimo sui giornali. Continuando a chiedersi a cosa davvero servirà questo fiume di soldi.

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