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Antigone e il 41 bis: qualche considerazione sul caso Cospito

 
Francesco Bonito

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Francesco Bonito

Antigone e il 41 bis: qualche considerazione sul caso Cospito

A carico del Cospito il Ministro della Giustizia ha disposto che le regole del trattamento detentivo non siano quelle ordinarie, bensì quelle, assai più severe, contemplate dall’art. 41 bis del nostro Ordinamento penitenziario

Domenica 09 Aprile 2023, 13:25

11 Aprile 2023, 10:39

Alfredo Cospito è per la giustizia italiana un terrorista anarchico giacché riconosciuto colpevole di aver gambizzato un dirigente dell’Ansaldo e di aver organizzato ed eseguito un attentato alla scuola allievi del carabinieri di Fossano, attentato per il quale, in seguito a complesse vicende processuali ed alla qualificazione giuridica del reato contestatogli ad opera della Corte di Cassazione, è in attesa di vedersi irrogata la pena da parte della Corte di assise di appello di Torino, la quale, essendovi la possibilità di applicazione della pena dell’ergastolo c.d ostativo, ha rimesso al giudice delle leggi la valutazione di legittimità costituzionale di tale sanzione.

A carico del Cospito il Ministro della Giustizia ha disposto che le regole del trattamento detentivo non siano quelle ordinarie, bensì quelle, assai più severe, contemplate dall’art. 41 bis del nostro Ordinamento penitenziario. A questa decisione il detenuto, come è noto, ha reagito con un prolungato sciopero della fame per contestarne la “giustizia”.

Credo che l’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario italiano, certamente tra i più avanzati nel contesto delle democrazie occidentali, sia una norma la quale, per la sua severità collegata a profili di eccezionalità dei casi nei quali viene applicata, integri una delle fattispecie nelle quali si pone la grande, e per più versi affascinante, questione della legittimità sostanziale ed etica del diritto positivo, ovverosia dell’applicazione della legge quando essa contenga, per l’interprete, profili ingiusti.

E’ d’altronde, questo, il dramma che ha mirabilmente rappresentato, venticinque secoli fa, Sofocle, portando sulle scene la tragedia di Antigone, la quale, in violazione delle leggi del tiranno di Tebe, Creonte, dà religiosa sepoltura ai resti del fratello Polinice, avversario politico del tiranno. E’ questa, altresì, la questione posta, secondo moduli di riflessione filosofica, nel Fedone da Platone, che descrive la morte di Socrate, ingiustamente condannato a morte, il quale beve la velenosa cicuta accettando l’applicazione di una pena ingiusta ma inflitta secondo le regole vigenti in quel momento storico.

Antigone ed il Fedone descrivono il dramma del giudice di fronte alla legge ingiusta, il suo dovere di applicarla e la contraddizione di realizzare in concreto una giustizia che giusta non è. Il nostro sistema di giustizia fornisce al giudice lo strumento per superare una tale contraddizione e comunque per attenuarla fortemente, la eccezione di costituzionalità, ovverosia la possibilità di sottoporre alla Corte costituzionale la legittimità della norma da applicare, come peraltro accaduto proprio a margine del caso Cospito, sul quale è stato chiamato a pronunciarsi il nostro giudice delle leggi per iniziativa della Corte di assise di appello di Torino.

Ed a dimostrazione di quanto complessa sia la valutazione in ordine all’art. 41 bis del nostro Ordinamento penitenziario sta la decisione, di recente assunta dalla prima sezione penale della Corte di Cassazione, che ha rigettato il ricorso del detenuto volto all’annullamento del provvedimento ministeriale che disponeva il trattamento detentivo disciplinato da quella norma.

Pur nel rispetto massimo verso questa decisione, peraltro assunta da magistrati a me noti per la loro eccezionale professionalità e da me stimati incondizionamente, a fronte di una norma di tale rigore applicativo da apparire giusta soltanto perché di natura eccezionale, eppertanto da applicare soltanto eccezionalmente, avrei accolto le conclusioni del rappresentante della Procura Generale, anch’egli magistrato di riconosciuto valore ed autore di una requisitoria di elevatissima qualità giuridica.

Ed infatti non può non convenirsi con la decisiva osservazione che la rivendicazione da parte del detenuto delle sue idee terroristiche ed i suoi scritti a sostegno delle sue scelte violente giustamente sanzionate severamente dal nostro sistema giudiziale, pur risultando di sicura, grave ed inaccettabile capacità istigatrice, non costituiscono strumento di collegamento con la criminalità organizzata e col gruppo anarco-terroristico di riferimento. Ed è proprio questo che giustifica la eccezionalità dispositiva della norma, dell’art. 41-bis O.P. , la necessità di impedire al detenuto la trasmissione all’esterno di ordini e disposizioni volte a realizzare condotte criminose, natura e qualità queste non riscontrabili nella rivendicazione del proprio credo anarchico e nella generica propaganda della violenza terroristica.

Di qui la mia intima convinzione che Alfredo Cospito debba scontare le pene severe giustamente inflittegli in regime detentivo ordinario e che appare del tutto giustificato un ripensamento sui margini applicativi dell’art. 41-bis O.P., da ritenere legittimi soltanto nei limiti eccezionali che ne hanno ispirato la formulazione normativa.

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