In continuità con una consolidata tradizione politica il nostro governo ha ribadito il sostegno per l’ingresso più rapido possibile nell’Unione europea dei Paesi Balcanici. Indubbiamente tale allargamento contribuirebbe a stabilizzare un’area politicamente complessa, a rafforzare il controllo dei flussi migratori e a frenare la crescente influenza russa all’interno di Stati come Serbia e Bosnia Erzegovina.
I negoziati di adesione sono già formalmente aperti con Albania, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia mentre lo status formale di Paese candidato è stato finora riconosciuto a Moldavia, Ucraina e Bosnia- Erzegovina. Il Kosovo (che già utilizza l’euro pur avendolo adottato in modo autonomo) ha presentato la sua richiesta di adesione all’Unione il 15 dicembre 2022, dopo che la Commissione europea gli ha attribuito la status di «potenziale candidato». Tuttavia, 5 Stati membri (Cipro, Grecia, Romania Slovacchia e Spagna) non ne hanno ancora riconosciuto l’indipendenza.
Il Consiglio europeo è pronto a concedere anche alla Georgia lo status di Paese candidato una volta che saranno state affrontate le priorità specificate nel parere della Commissione sulla sua domanda di adesione.
Il processo d’integrazione verso i Balcani è quindi in pieno movimento ed è stato certamente favorito dall’invasione russa dell’Ucraina. Tuttavia, l’adesione all’UE è un cammino complesso che richiede tempo e si conclude con la ratifica parlamentare o referendaria da parte di ciascuno degli Stati membri. Tale percorso presuppone il soddisfacimento dei cosiddetti tre criteri di Copenaghen fissati nel giugno 1993: quello giuridico, consistente nella capacità del Paese candidato di adeguarsi alle norme «comunitarie»; quello economico, implicante la garanzia dello Stato candidato di assicurare il funzionamento di un mercato aperto in libera concorrenza; e quello politico, relativo alla presenza di istituzioni stabili a garanzia della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti umani. Quest’ultimo criterio costituisce il problema più delicato in considerazione degli ancora alti profili di criticità presenti in gran parte di questi Paesi.
Il dilemma da risolvere è che il rischio di integrare democrazie incompiute possa cancellare la prospettiva concreta del consolidamento democratico in un «ambiente» di democrazia compiuta quale è quella dell’Unione (e già non sono secondari i problemi posti in proposito pur da due Stati membri come Polonia e Ungheria).
Ma, a tal fine, l’UE ha la necessità di procedere ad una serie di importanti riforme sia nell’attuale quadro normativo sia, soprattutto, con un necessario nuovo Trattato. Oggi, come è noto, la procedura legislativa è gestita dal Parlamento europeo in condominio con un Consiglio (dei Ministri degli Stati membri) che deve però decidere spesso formalmente all’unanimità.
Su tale grave limite dell’unanimità decisionale, la Conferenza sul futuro dell’Europa, conclusasi il 9 maggio 2022, ha fornito una risposta chiara sottolineando la necessità di cancellarla anche e proprio in funzione dell’ulteriore ampliamento dell’UE; questa, una volta attribuita forse a 35 Stati la possibilità di esercizio del potere di veto, non sarebbe più in grado di funzionare. Tale potere, allora, rischia di costituire un pesante condizionamento rispetto all’ingresso nell’UE degli Stati balcanici candidati.
Pertanto, il percorso verso l’adesione va realizzato con forme concordate innovative, anche arricchendo gli attuali Accordi di stabilizzazione e di associazione (ASA), con ulteriori modalità di integrazione. Così come molto utile sarebbe il rafforzamento di esperienze quali la Strategia Macroregionale Adriatico Ionica (EUSAIR), istituita nel 2014, che include quattro Paesi membri dell’Unione Europea (Italia, Grecia, Slovenia e Croazia) e cinque Paesi dei Balcani Occidentali (Albania, Bosnia Erzegovina, Serbia, Montenegro e, dal 2020, Macedonia del Nord).
Nel frattempo, individuando nel rafforzamento dei rapporti culturali un fertile campo di integrazione positiva, ad esempio è opportuno che le Università dei Balcani occidentali possano aderire alla rete delle Università europee e vengano intensificati i rapporti nel quadro del Programma Erasmus Mundus. Il che consentirebbe agli studenti di questa Regione sia di studiare fisicamente nelle diverse Università europee sia di avere pieno accesso alle stesse da remoto.
Un appuntamento dal forte valore simbolico si è poi tenuto a Tirana il 6 dicembre 2022 con l’adozione di un’importante Dichiarazione finale. Si è trattato del primo summit di questo tipo in assoluto organizzato nella regione dei Balcani occidentali grazie al quale è stato rinsaldato il partenariato strategico con l’Unione. Senza che si allunghino i già non brevi processi di adesione, concretizzare nel frattempo una collaborazione rafforzata fra Unione Europea e gli Stati dell’area balcanica è fortemente auspicabile.