Ho avuto occasione di conoscere la famiglia Scorese durante la lavorazione del mio docufilm Santa Subito, ormai diversi anni fa. Con i genitori e con la sorella Rosa Maria è nato un rapporto che è andato ben oltre le circostanze professionali: ci sentiamo spesso e in particolare con Rosa Maria e suo marito Mario siamo diventati amici a tutti gli effetti.
Quando ho appreso dalla «Gazzetta» l’assurdo revival del dramma vissuto da questa famiglia a oltre 30 anni dall’omicidio della giovanissima Santa, con l’assassino che non solo è tornato ad abitare a due passi da Palo del Colle, luogo del crimine e residenza della famiglia Scorese, ma ha ripreso a tempestare di lettere e messaggi la stessa Rosa Maria, ho immediatamente cercato di contattarla.
La chiamata non risposta mi ha gettato in un irrazionale sgomento, mi sono rasserenato solo quando sono riuscito a sentire la sua voce. Negli infiniti minuti passati in attesa che mi richiamasse non ho potuto fare a meno di ripensare ai mesi successivi alla tragedia, quando dal carcere allo stalker fu consentito di inviare inquietanti lettere sia alla famiglia che ai giornali, alcuni dei quali procedettero incautamente alla pubblicazione. Un quotidiano nazionale arrivò a dare risalto a una missiva in cui lo stalker si firmava con il nome della vittima e dichiarava di scrivere dal cimitero, uno scritto delirante a cui un giornale dette perfino una circostanziata risposta.
Quell’episodio allora, gli ultimi avvenimenti oggi, dimostrano come in questi tempi frenetici assoggettati alla legge dei grandi numeri, alcuni individui abbiano la possibilità di agire come fossero dei bug, o peggio, come certi software maligni che si insediano di soppiatto nei nostri computer, i cosiddetti malware: persone che spesso cogliendo le opportunità dei social media si insinuano con malizia più o meno consapevole nei meccanismi del villaggio globale, ottenendo un’ingombrante visibilità nelle famiglie e nella società.
Dei borderline che individui e istituzioni sono incapaci di gestire tempestivamente e in maniera adeguata, perché distratti da mille incombenze grandi e piccole. Trovo ingiusto che questa famiglia, che ha già pagato un prezzo troppo alto, debba ancora essere vittima dell’inefficacia del sistema, che Rosa Maria debba essere consigliata dalla sua avvocata/amica Maria Pia Vigilante di non uscire di casa da sola, come già era stato consigliato a sua sorella decenni fa, prima del tragico epilogo.
Certo, adesso è stato adottato tempestivamente un provvedimento restrittivo, ma pare incredibile che a uno stalker e assassino conclamato sia stato autorizzato il domicilio in una RSA a pochi chilometri dal luogo dove vive la famiglia della sua vittima, che abbia potuto continuare indisturbato a guidare un’automobile, già di per sé un’arma, e abbia potuto scrivere insistentemente messaggi vessatori a coloro a cui ha già tolto così tanto.
Possibile che non siamo in grado di spezzare quest’inquietante catena di dolore, e più in generale che non riusciamo a mettere a punto un dispositivo in grado di disinnescare, o almeno ridimensionare efficacemente i tanti malware pronti a esplodere nelle nostre comunità, una volta per tutte?