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La «fregatura» dei Lep, tra false promesse e calcoli impossibili

 
Lino Patruno

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Lino Patruno

Ripresa in Italia? Ma il Sud è escluso

Livelli essenziali di prestazione, senza i quali non dovrebbe partire l’autonomia differenziata richiesta da Lombardia, Veneto, Emilia Romagna

Venerdì 09 Dicembre 2022, 14:15

Erano tempi di democristianeria. Si raccontava di un parlamentare al quale un collega disse: c’è un affare di 50 milioni (di lire) che mi hanno proposto e nel quale vorrei coinvolgere anche te. Al che il beneficiato in un primo momento ringraziò calorosamente. Finché non gli venne un dubbio: ma perché proprio a me? Allora c’è la fregatura! Erano anni di sagacia politica e di smagati a 360 gradi. Ma sarebbe il caso che anche ora si rizzino le antenne se si dovesse ascoltare l’invito: Venghino, signori, venghino, oggi il pasto è gratis. Perché è quanto assicurano al Sud dicendogli che finalmente ne saranno calcolati i mai calcolati suoi bisogni. I famosi Lep, Livelli essenziali di prestazione, senza i quali non dovrebbe partire l’autonomia differenziata richiesta da Lombardia, Veneto, Emilia Romagna. In verità Lup, invece che Lep, cioè livelli uniformi su tutto il territorio nazionale: altrimenti chi stabilisce ciò che è essenziale o no?

Riassunto. Non calcolando i Lep almeno dal 2009 (in verità dal 2001), finora lo Stato ha speso secondo la spesa storica: sempre più a chi ha avuto sempre più (il Centro Nord), sempre meno a chi ha avuto sempre meno (il Sud). Risultato: 60 miliardi di spesa pubblica sottratti ogni anno al Sud. Con pesanti riflessi sulla qualità della vita e sullo sviluppo. E più emigrazione. Ora finalmente i Lep. Benché non come atto di giustizia verso chi è stato finora trattato da diversamente italiano. Ma soprattutto per spianare la strada alle tre sopradette regioni che vogliono fare da sé ciò che finora ha fatto lo Stato.
Ma servirebbe un po’ di democristianeria: dov’è la fregatura? Nella legge di Bilancio che ha sostituito in materia le bozze 1 e 2 del ministro Calderoli: quelle che avrebbero indignato anche un santo. Legge di Bilancio laddove si dice che i Lep dovrebbero essere calcolati e accordati «a parità di spesa». Cioè senza che si cacci un euro in più. Il che, dovendosi un po’ parificare chi ha avuto più e chi ha avuto meno, per la logica dovrebbe significare questo: togliere ai primi per dare ai secondi. Ipotesi che essendo leggermente da guerra civile, perlomeno non fa quadrare i conti. E innalzare nel cielo l’incubo della beffa.
Prima risposta: l’Italia crescerà di più e quei soldi verranno fuori dal salvadanaio. Più verosimile di un Marocco che vinca il mondiale di calcio (nonostante Cheddira, il Walino barese). Ma allora? L’ex ministro Boccia, uno informato dei fatti, ha detto che solo per assicurare i Lep in quattro materie (assistenza, trasporto pubblico locale, sanità, scuola) servirebbero dagli 80 ai 100 miliardi. Roba che neanche affidandosi al mago Houdini. Qualcuno l’ha menata sul mitico Pnrr, chiamato sempre in ballo come un miracolo di padre Pio. Pnrr che già per il Sud è passato dal 65 per cento che chiedeva l’Europa al 40. E che a cascata scenderebbe ancora dal 22 per cento cui è arrivato. Non risolvendo peraltro neanche un milionesimo di Lep.

Fin qui i soldi che, come dicono i saggi, sono una cosa seria. Ma la legge di Bilancio è un tale pozzo di cattive sorprese, da chiedersi se, invece che ad una fregatura, non si sia davanti alla truffa del secolo. O perlomeno a pubblicità ingannevole. Fatte tutte le somme, e bevendosi tutte le modifiche che sarebbero state apportate ai Calderoli 1 e 2, chi alla fine deciderebbe tutto? Il Calderoli medesimo, con dribbling a commissioni e sottocommissioni che neanche Lionel Messi. Leggere attentamente per credere. E poi. I Lep non calcolati in oltre vent’anni, dovrebbero essere calcolati in 180 giorni: non basterebbe nemmeno il supercalcolatore di Bologna (e figuriamoci se non messo lì) in grado di 174 milioni di miliardi di operazioni al secondo. Intanto però, mentre calcoliamo (anzi non calcoliamo) i Lep, questa autonomia la diamo. E veniteci dietro.

Il pozzo riserva anche altro, ma avremo modo di avvelenarci poscia. Intanto si sta celebrando in questi giorni ciò che è anche giusto che si celebri. Un vogliamoci bene che vede intervenire la presidente Meloni come correttivo al suo ministro. I presidenti delle regioni del Sud (in testa Emiliano e De Luca) che finalmente hanno imposto la loro voce. Soprattutto il presidente Mattarella. Il quale, essendo garante dell’unità nazionale, ha detto senza mezzi termini che non c’è unità nelle diseguaglianze. Aggiungendo anche che la disunità non danneggia solo il Sud, ma l’intero Paese. Traduzione: il Sud non è il problema del Paese, ma la soluzione se avesse giustizia. (P.S. È ciò che si dovrebbero mettere in testa tanti meridionali, anche sui giornali, quelli che sparando sempre sul Sud cercano applausi tipo «Ballando sotto le stelle»).

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