Sabato 06 Settembre 2025 | 20:44

Quell’Europa solidale sogno e realtà di una rinascita necessaria

 
Leonardo Sforza

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Leonardo Sforza

Rendere utili al Sud e al paese le riforme chieste dall’Europa

Ma la campagna da parte degli agguerriti detrattori anche esterni all’UE è già partita, visti gli interessi in gioco.

Martedì 29 Novembre 2022, 14:51

15:41

«L’Europa non si farà d’un colpo… essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino innanzitutto delle solidarietà di fatto». Le parole pronunciate dall’allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman, nello storico discorso del 9 maggio 1950 che avviò il processo di costruzione europea, riecheggiavano la scorsa settimana nell’emiciclo del Parlamento europeo a Strasburgo, in occasione della celebrazione dei 70 anni dell’antesignana dell’istituzione parlamentare creata nel 1952.

Quest’ultima sessione è stata l’occasione per ricordarsi dei pregiudizi ideologici antieuropeisti che continuano ad animare, per ora marginalmente, l’emiciclo. La dimostrazione plateale l’ha offerta Ryszard Legutko, eurodeputato polacco presidente del gruppo politico di destra Conservatori e Riformisti Europei (ECR), al quale aderisce tra gli altri Fratelli d’Italia (FdI), nel corso di un intervento denigratorio pronunciato contro lo stesso Parlamento. Certo, i propositi dell’onorevole Legutko sono stati isolati e surclassati dagli interventi dei principali gruppi politici che oltre a riconoscere il ruolo sempre più importate svolto dal Parlamento in quanto esempio unico di democrazia transnazionale, richiedono a gran voce quel diritto di iniziativa legislativa proprio di un parlamento nazionale ma riservato alla Commissione europea nel contesto UE.

Ancora oggi per i più euroscettici le parole di Schuman possono apparire come blasfeme semplicemente perché sottintendono l’aspirazione alla costruzione di una coscienza ed un demos europei, l’esistenza di interessi convergenti per un’azione comune, e le opportunità di sviluppo ed equità offerte da solidarietà condivise. Le manovre di avvicinamento rispetto ai parlamentari dell’ECR promosse dalla leadership del Partito popolare europeo (PPE), principale gruppo politico nel Parlamento europeo ed al quale aderisce Forza Italia, rischiano di spostare su posizioni più nazionaliste il baricentro politico dell’assemblea tradendo lo spirito dei padri fondatori dell’odierna UE. Se le matrici cristiano-democratiche, socialiste e liberali, arricchite nel più recente passato dal contributo dei «verdi», sono state la forza del progetto europeo oltre che facilitarne la governabilità, il rischio di orientarsi verso un’Europea delle nazioni diventa reale anche in vista delle prossime elezioni del Parlamento europeo nel 2024. Tanto più se i partiti e le forze vive della società civile che credono ancora nel progetto europeo, quand’anche rinnovato, arriveranno impreparati a quella scadenza elettorale. La campagna da parte degli agguerriti detrattori anche esterni all’UE è già partita, visti gli interessi in gioco.

Le iniziative parlamentari sviluppate recentemente su tre fronti dimostrano la necessità, seppure insufficiente, dell’impulso politico dell’assemblea di Strasburgo.

In primis quelle volte ad avanzare nuove linee di frontiera sul piano delle relazioni internazionali in risposta sia alla barbara repressione perpetrata in Iran dalle forze governative contro la propria popolazione civile dissidente, sia alla tragica offensiva Russa ai danni della popolazione e delle infrastrutture civili in Ucraina.

Secondo, la questione centrale ed identitaria per l’UE della preservazione dello stato di diritto e della democrazia con riferimento alla situazione ungherese. Già condannata dal Parlamento ma in attesa della decisione finale da parte della Commissione e del Consiglio, l’Ungheria potrebbe finalmente vedersi negata la quota di finanziamenti europei che le spetterebbe se le riforme richieste in tale ambito non fossero giudicate, come sembra allo stato attuale, soddisfacenti. Ulteriori ritardi o scarso rigore nell’esame della situazione ungherese minerebbero la credibilità di chi è chiamato a decidere. A tal proposito, le conseguenze della posizione che assumerà il Governo italiano al Consiglio europeo, dopo la posizione filo-ungherese assunta dai parlamentari europei di FdI e della Lega, andranno ben oltre le sanzioni. Saranno una cruciale prova di credibilità ed affidabilità europea, senza le quali il Governo Meloni riduce le sue capacità di influenza decisionale.

Terzo, le questioni urgenti di crisi ormai permanenti in materia di energia e migrazione. Su entrambi i fronti, la mancanza di solidarietà fra Stati membri e di ambizione dell’iniziativa europea, anche per le limitate competenze UE in materia, sembra aver toccato il fondo. La proposta della Commissione europea in materia di tetto al prezzo del gas è praticamente inutile in termini di impatto sul raffreddamento dei prezzi, mentre manca una decisione organica che comprenda una spinta agli acquisti di gas congiunti. Sulle migrazioni, il recente piano d’azione sul Mediterraneo proposto dalla Commissione resta privo di una visione strutturale oltre l’approccio emergenziale. Certo, è sempre utile ricordare quei principi fondamentali di diritto internazionale e di valori umanitari ai quali nessun paese dovrebbe sottrarsi.

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