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Sui temi etici la politica cominci ad assumersi le proprie responsabilità

 
Michele Partipilo

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Michele Partipilo

Sui temi etici la politica cominci ad assumersi le proprie responsabilità

L’attività politica è etica in sé in quanto deve decidere del bene comune: laddove c’è una decisione che riguarda la collettività l’etica entra in campo da titolare

Venerdì 11 Novembre 2022, 13:32

Con il ritorno del centrodestra al governo si è riproposto in maniera teatrale il problema degli sbarchi di profughi e, in particolare, di quelli salvati dalle navi delle Ong.

Questa volta il copione è stato leggermente modificato. Il 4 novembre è stato approvato un decreto interministeriale che impone alle navi Ong in arrivo nei porti italiani di far valutare le emergenze in rada: i fragili scendono a terra, gli altri tornano in acque internazionali. Sono i cosiddetti «sbarchi selettivi». Di fronte a tre navi in attesa di «porto sicuro», due sono state autorizzate ad attraccare a Catania, l’altra è stata inviata verso la Francia. In Sicilia sono scesi a terra donne e bambini, mentre gli altri sono stati lasciati a bordo. Dopo proteste, visite mediche e pressioni internazionali, sono sbarcati tutti.

Il giorno prima il Papa aveva fatto l’ennesimo appello in favore sì dell’accoglienza dei migranti, ma anche perché l’Unione europea aiutasse i Paesi ospiti. Le sue parole sono state enfatizzate dal centrodestra e forse hanno in qualche modo ammorbidito la posizione della Francia. Stando alle fonti di Palazzo Chigi, infatti, Parigi si sarebbe detta disponibile ad accogliere una delle navi ancora in mare. Forse però c’è stato un fraintendimento o forse l’Eliseo non desiderava tutta la grancassa promozionale attorno a questa disponibilità. Ne è nato un incidente diplomatico che rischia di far saltare gli accordi sul ricollocamento dei migranti.

Ma al di là di questo, la vera novità rispetto ai film già visti durante il governo Conte I, è che con gli sbarchi selettivi la responsabilità di decidere se e chi accogliere viene scaricata sui medici, i quali sono chiamati a dare la patente di «fragile» ai singoli naufraghi. Anche qui ne è nata una polemica. La premier ha definito «una scelta bizzarra» quella di psichiatri, psicologi e infettivologi che hanno fatto sbarcare i migranti in un primo tempo bloccati sulle navi; Filippo Anelli, presidente della Federazione degli Ordini dei medici, ha replicato che «la salute non si valuta con la politica».

Il tema che interessa in questa sede è osservare come sempre più la politica – a prescindere dal colore dei partiti – rifugga dalle sue responsabilità cercando di scaricarle sui «tecnici» o addirittura ignorandole. Nel caso dei migranti ora tocca ai medici, categoria fra le più a rischio come capro espiatorio. Ma gli esempi sono molti e riguardano soprattutto quelle situazioni in cui prevale una componente etica. Si pensi per esempio al problema del fine vita, dove – nonostante la pronuncia della Corte costituzionale – il parlamento dell’epoca non è riuscito a legiferare.

Lo stesso è accaduto pochi giorni fa con il cosiddetto ergastolo ostativo e con la nuova pronuncia della Consulta che, preso atto del decreto varato dal governo nella sua prima riunione, ha rimesso la questione alla Cassazione. La Suprema corte ora dovrà valutare se le nuove misure risolvono in qualche modo l’incostituzionalità dell’ergastolo quando esclude dai benefici di pena i soggetti che non si pentano e non collaborino con i magistrati. Cioè sulla vita delle persone decidono i magistrati, mentre i politici restano alla finestra, convinti di aver fatto il loro dovere.

Altro esempio, come dire? Del morto in casa. Da anni Corte di giustizia europea e Corte europea dei diritti umani bacchettano l’Italia per le leggi che prevedono il carcere per i giornalisti in caso di diffamazione. Nel 2020 interviene la Consulta con un’ordinanza in cui si chiede al legislatore di limitare la previsione del carcere se non di eliminarla del tutto. Non accade nulla. Nel 2021 un nuovo pronunciamento della Consulta rileva l’incostituzionalità dell’articolo 13 della legge sulla stampa – da 3 a 6 anni di carcere per la pubblicazione di notizie diffamatorie – e concede un anno di tempo al legislatore per mettere a punto una norma più rispettosa del diritto d’informazione. A oggi neppure un tweet, eppure tra i parlamentari c’è una nutrita pattuglia di giornalisti.

E di adozioni di minorenni da parte di coppie omosessuali vogliamo parlarne? Con tutti gli escamotage messi in piedi per aggirare una norma che, evidentemente, non è più rispondente ai costumi del nostro tempo? Allora la politica, se vuole recuperare credibilità e sostegno, non può limitarsi a svolgere i suoi compiti senza assunzioni di responsabilità. Se deputati e senatori sono profumatamente retribuiti con soldi pubblici è anche perché devono compiere scelte delicate, talvolta impopolari, non limitarsi a registrare passivamente quel che decidono medici, magistrati, opinionisti, influencer e venditori di fumo in tv.

L’attività politica è etica in sé in quanto deve decidere del bene comune: laddove c’è una decisione che riguarda la collettività l’etica entra in campo da titolare. Certo, confrontarsi con scelte che incidono sulla carne viva delle persone non è cosa facile, richiede competenze, preparazione, studio, capacità di discernimento. Un bagaglio di cui non dispone la maggior parte della nostra classe politica. Ed è per questo che molti Italiani continuano a restare lontani dalla gestione della cosa pubblica, mentre le scelte più delicate vengono scaricate su quelle professioni che hanno l’obbligo di rispettare un’etica.

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