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Sulla testa delle donne pesa il «velo» voluto dalla Storia

 
Stella Fanelli

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Stella Fanelli

Sulla testa delle donne pesa il «velo» voluto dalla Storia

La morte di Mahsa Amini , arrestata e torturata a Teheran per non aver indossato correttamente il velo ci costringe a fare i conti con la nostra storia: il «velo» che oggi connota solo la musulmana è rimasto sulle teste delle donne occidentali per secoli

Lunedì 03 Ottobre 2022, 14:54

Le proteste contro il regime iraniano dopo la morte di Mahsa Amini, dapprima arrestata dalla polizia «morale» di Teheran per non aver indossato correttamente il velo e poi barbaramente torturata, ci costringono a fare i conti con la nostra storia, a recuperare quello che la nostra stessa cultura ha imposto alle donne per secoli. Il «velo» che oggi connota solo la musulmana è rimasto sulle teste delle donne occidentali per secoli.

La religione nella Storia ha sempre posto sulla testa delle donne un velo carico di significati simbolici che dovevano «svelare» la loro inferiorità rispetto all’uomo. È una tradizione antichissima che l’Islam ha soltanto raccolto dalle culture del Mediterraneo intorno alle quali ha vissuto. Omero ci dice che le donne spartane avevano il volto coperto e la stessa Penelope si mostra ai suoi pretendenti velata.

Anche le donne romane erano obbligate ad indossare un velo che doveva proteggere la loro dignità e dichiarare la subordinazione alla potestas dell’uomo.

Ma nell’Ebraismo e nel Cristianesimo troviamo l’arroganza di chi ha fondato su base scritturale l’obbligo della copertura del capo da parte delle donne. Nel Cantico dei Cantici ad esempio si legge di gote che possiamo intravedere dietro un velo ma è un passo paolino quello su cui poggerà una tradizione di cui ci siamo liberati solo di recente.

Nella Prima lettera ai Corinzi Paolo scrive: «Di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l’uomo, e capo di Cristo è Dio. Ogni uomo che prega o profetizza con il capo coperto, manca di riguardo al proprio capo. Ma ogni donna che prega o profetizza senza velo sul capo, manca di riguardo al proprio capo, poiché è lo stesso che se fosse rasata. Se dunque una donna non vuol mettersi il velo, si tagli anche i capelli! Ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli o radersi, allora si copra. L’uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell’uomo».

Paolo esplicita una gerarchia rispetto alla quale la donna è in basso perché incarna il peccato che Eva ha introdotto nel Mondo: il male che la donna incarna e rappresenta va coperto, nascosto! Il velo deve marcare perciò una differenza di genere e una fra tipi di donne: Tertulliano, Clemente di Alessandria prescrivono per la donna modestia, pudore, subordinazione e il capo coperto. Dal XV secolo le prostitute e le donne ebree indosseranno, per distinguersi dalle oneste e dalle cristiane, velette gialle o turchine. L’iconografia ci restituisce una galleria di copricapi femminili sterminata per cui vediamo come il Cristianesimo abbia usato un codice vestimentario per caricarlo di implicazioni religiose su cui discriminare, perseguitare, operare un controllo sociale. L’Encyclopedie nel ‘700 prova a ricostruire la storia del velo presso i popoli e accusa la Chiesa di avere deciso la sottomissione della donna.

Coi secoli il velo è diventato sempre meno identificativo. Maria Giuseppina Muzzarelli dice che il velo è stato «anestetizzato» nella cultura occidentale.

Eppure il velo islamico che cancella l’identità delle donne e le priva dei diritti fondamentali dell’umanità è una realtà fortemente presente in quella parte del Mondo in cui ancora la Religione e in particolare un «libro» decidono la vita e la morte degli uomini. Fino a quando gli uomini e le società lasceranno a Dio e alle religioni il potere di determinare le nostre vite a essere coperte da un velo non saranno solo le teste delle donne ma le nostre menti.

L’Occidente, che è riuscito lentamente ma inesorabilmente a esautorare le sue chiese, a sottrarre il suo destino dal pensiero dogmatico, ha la responsabilità culturale, politica ma soprattutto umana di aiutare le donne islamiche a strapparsi dal volto quel velo sotto il quale c’è tutta la disperazione del Mondo.

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