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Politica incurante dei tre insulti che azzoppano il paese

 
Gino Dato

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Gino Dato

Politica incurante dei tre insulti che azzoppano il paese

Di fronte ai cataclismi sanitari, etici e ambientali, con lo sguardo rivolto all’indietro imbocchiamo la strada dei raggiustamenti e dei rattoppi

Lunedì 18 Luglio 2022, 14:57

Il rituale della coazione a ri-petere ri-conquista la scena italiana. Con la stessa indifferenza disinvolta esibita nella crisi del febbraio 2021, la politica si mostra incurante dei tre insulti che stanno azzoppando il paese: Covid, conflitto, carovita. Mentre la gente comune non comprende giochi e alleanze, affannata com’è a sfangare nelle emergenze del quotidiano.

Così, la politica impastoia il paese in un presente senza domani. Quale che ne sarà l’esito, primeggia l’arte della ripetizione: ri-tentare, ri-vedere, ri-cadere, ri-congiungere… Ma, a furia di ri-parare, ri-sarcire, ri-prendere, ri-strutturare, non rischiamo di innestare un meccanismo perverso: restaurare solo quel che è stato… annullare il futuro?

Di fronte ai cataclismi sanitari, etici e ambientali, con lo sguardo rivolto all’indietro imbocchiamo la strada dei raggiustamenti e dei rattoppi. La cantilena dei prefissi iterativi «ri-ri-ri» frinisce nell’aria come il canto assordante delle cicale nell’afa estiva e la prospettiva è che il domani ricalchi il passato pedissequamente. Sia pure di fronte a necessità, il rischio è di aprirci e costruire un futuro retrotopico, non creativo e solo mimetico, privo di grandi disegni e di sfide, bensì catastrofista - risarcitorio e riparatorio.

Siamo giunti a questo per una sorta di ripiegamento. Le reiterate e fantasiose peripezie del Covid e le sopraggiunte crudeltà di una guerra d’espansione, frammiste alle insultanti calamità naturali, intessono le cronache bellico-pestilenziali che ci assalgono da ogni parte, mettendoci difronte a una società che può immaginare solo un domani di ricostruzioni.

Due le tipologie: quella prevalente, che scaturisce dai bisogni materiali, che interessano le pareti e le mura entro le quali ci rifugiamo; quella cedente, che invece muove dall’esigenza di indirizzare le nostre spinte verso orizzonti nuovi. E del resto a cosa si è ridotta la politica sociale che rincorre l’ampliamento delle disuguaglianze se non a una reiterazione di atti fiscali ed economici che re-stituiscono, che ri-storano?

Noi stessi siamo travolti dalla sorpresa di eventi improvvisi o dalla natura inusitata delle vicende che si abbattono su di noi. Lo stesso PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che illustra i criteri di allocazione e destinazione delle risorse in arrivo dall’Europa per la ripresa post Covid, vede la componente progettuale quasi evaporare rispetto alla ripresa e alla resilienza, attitudini della mente appunto più riparative e difensive.

Potremmo moltiplicare gli esempi che ci additano come i nostri futuri appaiono percorsi obbligati di risarcimento del passato, disegni pietrificati nei quali, se non la catastrofe sempre incombente e in azione, è contemplata la difesa dalla stessa, dagli scacchi della sorte e la restituzione timorosa di quanto abbiamo edificato nel passato.

Più di tutti gioca poi l’ambiente. Tutti ricorderete le parole durissime di Greta Thunberg, la giovane ambientalista svedese, nell’aprile 2019 ospite in Senato per il convegno sul clima e sul tempo di cambiare: «Noi siamo scesi in piazza non per farci i selfie, ma perché vogliamo che voi agiate. Lo facciamo per reimpossessarci dei nostri sogni e delle nostre speranze… Ci avete ingannato», è il suo commento, «facendoci credere che avremmo avuto un futuro».

Il futuro è invece un rattoppo. Le magnifiche sorti e progressive sono poco alla volta cadute in disgrazia mentre tramontava il bel sol dell’avvenire. I giovani ci accusano di aver loro rubato il futuro. Sembra costitutivo e irreversibile l’invecchiamento della civiltà occidentale, che appare in declino e non sa più ripensare i suoi valori. O non sa trarre dalle grandi disgrazie e distruzioni la forza per uno slancio verso un futuro di crescita, di alleanze e condivisioni, di progetti. Una sfida.

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