I 217 miliardi di euro destinati al Mezzogiorno dal Pnrr e da altre Fonti rappresentano una svolta storica, non solo per l’entità senza precedenti, ma anche per la pregiudiziale posta: l’erogazione del finanziamento è subordinato alla conformità della richiesta ad uno schema di riforma.
A questa novità, trascurando l’avvertimento del presidente Mario Draghi, è stata riservata scarsa attenzione nonostante l’esperienza deludente del passato, basato solo sull’aumento della spesa pubblica senza considerarne efficienza e congruità. Una siffatta declinazione operativa non può avvertire l’esigenza delle riforme che servono, appunto, ad individuare ed eliminare i risultati perversi dell’esperienza amministrativa.
È questo l’unico paradigma offerto dalla cultura meridionale? Giuseppe Lupo con la sua lucida analisi (Gazzetta del 6 u.s.) rifiuta la rassegnazione e chiede di verificare se il Mezzogiorno debba essere per sempre, condannato alla subalternità culturale. A mio avviso no, perché il salernitano Antonio Genovesi (titolare dal 1754 all’Università di Napoli della prima cattedra nella storia dell’Economia), ha, per primo dimostrato la necessità di considerare oltre al profilo giuridico anche quello economico dell’ente locale per poterne valutare l’efficacia dell’azione, elaborando anche una concezione del servizio pubblico locale, ancor oggi attuale (Michele Troisi 1937).
Questo schema fu approfondito da Carlo Cattaneo che, come tutta la borghesia lombarda riformatrice, ha formato la sua cultura delle autonomie locali sulle Lezioni di Economia Civile, perché colpito da un particolare importante. Genovesi non si limita a statuire il principio che lo stato è il garante della pubblica felicità ma indica anche le norme di accompagnamento che ne assicurano l’effettiva realizzazione. Di conseguenza il metodo che contraddistingue il sano pragmatismo lombardo (applicare ai problemi concreti la lucidità analitica) è nato dalle pagine dell’economista salernitano. Questo modello, scomparso per motivi storico/istituzionali , riemerse come un fiume carsico con la legge n. 646/1950 istitutiva della Cassa per il Mezzogiorno voluta da un altro meridionale, questa volta pugliese, Donato Menichella.
Egli approfondì l’originale intuizione di Antonio Genovesi rifiutando la subalternità a Keynes che aveva creato la Tennessee Valley Authority agenzia di pianificazione regionale, tuttavia dipendente dal governo federale. Invece la Casmez era uno strumento di gestione della spesa pubblica alternativo a quello tradizionale dei Ministeri e non dipendente dagli stanziamenti del governo, perché dotata di un’anima bancaria poteva andare sul mercato a fare provvista finanziaria. Venne, in tal modo, assicurata l’efficienza, anche garanzia d’indipendenza dal potere politico, e conseguito il risultato, unico nel dopoguerra ,di avvicinare il reddito pro-capite del Sud a quello del Nord.
Anche questo coraggioso schema fu abbandonato per riemergere, definitivamente, nel 2009 (seminario Banca d’Italia Roma 26/XI/2009) con il Modello della «Qualità delle istituzioni» di Mario Draghi secondo il quale l’esperienza dell’euro ha dimostrato che solo la qualità delle istituzioni è in grado di creare le condizioni per far crescere stabilmente salari, produttività occupazione ed il nostro Stato Sociale, Di qui la necessità di considerare come parametri dell’efficienza delle istituzioni non solo la conformità alla legge ma anche, l’operare complessivo legato alla necessità della rendicontazione, del controllo e della valutazione dei risultati dell’azione pubblica.
Recepito dalla riforma costituzionale del 2012 e tradotto in norme ordinarie dalla legge n.56/2014, ha sostituito, dal 1/01/2016 la vecchia «Amministrazione per Procedure», ingessata da ipertrofia legislativa e atrofia dei risultati , con l’Amministrazione per Risultati,attenta non solo alla conformità alla legge ma anche alla necessità di verificarne efficienza e congruità con gli obiettivi. Pertanto, con questo «irrobustimento» delle amministrazioni meridionali, viene garantita produttività della spesa, crescita, diminuzione del debito pubblico e del divario Nord/Sud ed anche l’immediato incasso. Infatti, a differenza delle altre, trattasi di una riforma già in vigore dal 1/01/2016, per di più corredata della valutazione del relativo impatto economico.
In conclusione il modello Antonio Genovesi/Mario Draghi è «l’Attaccapanni» (per dirla con Luigi Einaudi) dell’intera politica economica essendo la riforma abilitante necessaria a garantire l’attuazione del PNRR con la rimozione degli ostacoli amministrativi, regolatori e procedurali che ne condizionano la realizzazione. Inoltre risponde all’interrogativo di Giuseppe Lupo, dimostrando che il Mezzogiorno non è culturalmente subalterno.